Parole sferzanti quelle di don Ciotti.
I partiti sono allo sbando, indifferenti, disinteressati del bene comune.
Latitanti, smarriti, incapaci di idealizzare, progettare, costruire un futuro possibile a fronte della grave situazione in cui ci troviamo.
Alla ricerca di un equilibrio improbabile hanno paura di schierarsi, di dichiarare da quale parte stanno con l’agenda politica dettata dai mezzi di comunicazione guidati ed indirizzati da quella politica torva, grigia, sommersa, connivente, interessata a difendere l’interesse di pochi.
Il degrado sociale, culturale, ambientale delle nostre Città, del nostro Paese è sotto gli occhi di tutti.
Illusi nella propria autoreferenzialità, cercano di galleggiare, di conservare e mantenere posizioni e privilegi acquisiti, senza la prospettiva di un pensiero alto, senza la prospettiva di un futuro per tutti.
Con questa ottica si può solo arretrare, indietreggiare, retrocedere, perdere.
Il riflesso lo troviamo nel nostro quotidiano: inerzia, indifferenza, neutralità, silenzio di fronte alle ingiustizie, interesse personale, …, fanno da padroni.
Dobbiamo reagire.
Serve un cambio culturale. È urgente.
In questa clima di delegittimazione, con questo orizzonte, aumentano, volenti o nolenti, le responsabilità dei governi locali. Gli Enti Locali hanno la responsabilità di dare l’esempio, di farsi carico delle proprie comunità.
Una rivoluzione positiva capace di contagiare, a partire dalle nostre città, il governo del nostro Paese. Una sorta di domino positivo.
Dobbiamo uscire dall’io per passare al noi, dall’interesse personale a quello collettivo.
Oggi più che mai.
Esempio eclatante ed emblematico di questo contesto è la Pace.
La pace non è più di moda.
Per questo motivo o con la scusa delle ristrettezze economiche viene cancellata dalla politica, dai programmi, dalle iniziative. La pace è vissuta come qualcosa di lontano per cui, anche se taglio le risorse, nessuno si lamenta.
Al contrario è proprio la Pace, nella sua accezione più ampia, il modo per scegliere un altro modo di agire, vicino alla gente, ai problemi reali, all’ambiente.
Scegliere la Pace significa iniziare a scegliere la pace nelle nostre città, nelle nostre relazioni ed azioni quotidiane.
Ecco allora alcune tracce per iniziare a lavorare insieme.
- Nelle nostre città pace si coniuga con giustizia sociale. Dobbiamo lavorare per ricostruire le nostre Comunità, comunità che includano e non escludano, che sappiano farsi carico dei più deboli, che abbiano a cuore l’ambiente in cui vivono.
- Pace con la nostra gente costruendo veri percorsi d’integrazione. Gli immigrati sono considerati solo dei diversi e non si considera che sono anche uguali. Dobbiamo partire dalle similitudini, dalle cose che ci accomunano per scoprire le differenze capaci di rispettare reciprocamente cultura e costumi.
- Pace con territorio che ci accoglie, consapevoli che scegliendo l’ambiente si costruisce giustizia sociale. Le facili scorciatoie nelle politiche energetiche, dell’acqua, del clima, del territorio, …, portano diseguaglianza e danni spesso irreversibili.
- Pace nella vita amministrativa è trasparenza, equità, qualità negli appalti, nei servizi, nelle delibere, nelle azioni quotidiane.
Dobbiamo diffondere la buona notizia, i percorsi possibili ma anche le difficoltà avendo cura di offrire una prospettiva possibile.
La domanda è con chi, come e quando iniziare questo percorso. Come connettere donne e uomini di buona volontà, buone prassi nella costruzione di una rete, di un sistema che aiuti a non essere isolati ma diventare forza di cambiamento, uno tsunami in grado di azzerare il modo imperante di fare politica.
Non è facile ma, oggi più che mai, bisogna scegliere se …
… essere o non essere.
Mario Galasso
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