documenti

* APPELLO
dopo l'incontro di Roma del 6 e 7 marzo 2010


* Sintesi delle proposte emerse

Per problemi organizzativi Responsabilità Civile non sarà a Firenze a Terra Futura.
Presto il prossimo appuntamento.


lunedì 12 luglio 2010

LA BUONA POLITICA: COSTRUIAMOLA INSIEME

Sull’Unità
http://www.unita.it/news/italia/100591/la_buona_politica_possiamo_costruirla_insieme
trovate un articolo di Civati e Imola, che segna il momento d’avvio della campagna che promuove il CODICE DEI COMPORTAMENTI DELLA BUONA POLITICA.

I cittadini hanno il diritto di partecipare al massimo all’attività politica e sociale, all’elaborazione delle proposte e alla loro attuazione. Ma perché non succede?
Perché ci si trova sempre più disorientati e scontenti dei comportamenti e dei cattivi esempi dell’attuale classe politica.

Forse perché sono saltati tutti i codici di comportamento non scritti e che regolavano la politica.
Dai rapporti tra iscritti e dirigenti, alle forme della partecipazione, ai comportamenti etici, alle scelte di carattere meritocratico.
I buoni esempi che la politica e i politici si sforzavano di dare oggi sono, spesso, lontani ricordi.

Indichiamo noi quali sono le regole e i comportamenti che vogliamo siano introdotti negli statuti e nei codici etici dei partiti e, soprattutto, sui quali pretendiamo rispetto e coerenza.
Andando sul Blog della campagna http://buonapolitica-oltre.blogspot.com/, potete leggere l'appello e le proposte avanzate per provare a rivitalizzare una politica corretta e partecipata.
VOTATE LE PROPOSTE PRESENTI perchè solo quelle che avranno il vostro consenso verranno presentate ai partiti.

Vi saremmo veramente grati anche se poteste girare l'invito a partecipare alla campagna a tutti i vostri contatti, assieme alla richiesta di fare altrettanto con i loro indirizzi e di andare sul blog e votare le varie proposte oltre che lasciare la propria adesione.
Sarebbe anche molto utile se poteste utilizzare tutti gli strumenti di cui disponete come facebook, link sui vostri siti, ecc. Si possono anche lanciare nuove proposte per il “codice” scrivendo a
buonapolitica.oltre@gmail.com .

Grazie per la collaborazione e per l'attenzione.

Davide Imola d.imola@cgil.it
Daniele Di Nunzio danieledinunzio@hotmail.com

mercoledì 30 giugno 2010

LA BUONA POLITICA: POSSIAMO COSTRUIRLA INSIEME

LA BUONA POLITICA: POSSIAMO COSTRUIRLA INSIEME
«Siete tutti uguali», ci sentiamo ripetere spesso. E noi, invece di offenderci, dovremmo riflettere. E forse fare un passo più in là. Perché la risposta migliore alla provocazione è affermare: «sì, siamo tutti uguali», tutti noi, politici e cittadini. Perché questo è il problema della 'casta'. Perché nessuno vuole più prendere parte a un rito, ma trovare il proprio modo di partecipare all'insegna del concetto principale: la condivisione. Relazioni e non gerarchie, reti e non piramidi, perché tutti quelli che hanno qualcosa da dire (e si sentono di dirlo) possano farlo.
Allora che cosa si può fare e come?
Uno dei progetti di Oltre – www.andiamooltre.it – riguarda il Codice della Buona Politica, costruito dai militanti e dagli elettori partendo dalle loro esperienze e dalle correzioni di alcune evidenti distorsioni che hanno visto e conosciuto in questi anni. Dall’assemblea nazionale del PD sono arrivati alcuni segnali positivi come l’incompatibilità tra cariche Istituzionali e quelle di partito a livello locale o l’istituzione delle anagrafi patrimoniali degli eletti o, ancora, l’inserimento di un terzo dei segretari di circolo nelle segreterie provinciali. Un bel passo avanti, su cui lavorare ancora.
Comprensibilità del processo, trasparenza e tracciabilità delle decisioni, partecipazione e apertura alla società sono i nostri obiettivi. Non solo regole, però: altrettanto importanti sono lo stile, i comportamenti e le modalità di rapporto tra politica e cittadini. Nell’Italia di Berlusconi e del suo amico Brancher siamo invitati a fare più e meglio, perché è forte il disorientamento e la sfiducia nei confronti delle istituzioni e della politica.
Nei comportamenti della politica sono diventate desuete o hanno perso di valore molte parole che dovrebbero essere alla base di un corretto vivere civile e di un rapporto trasparente tra rappresentanti e rappresentati che fanno parte della stessa comunità, sia essa un partito, un circolo, un comune o l’intero stato: Onestà, Partecipazione, Democrazia, Meritocrazia.
Gli statuti dovranno prevedere l’incompatibilità per doppi o tripli incarichi. Partendo da competenze e curriculum, bisogna garantire un’equa rappresentatività negli organismi direttivi, nonché nelle candidature alle elezioni a qualsiasi livello, di donne, giovani e immigrati. I circoli di base e tematici devono avere, per funzionare, il 50% delle risorse raccolte dal tesseramento e dai rimborsi elettorali. Sono solo poche delle proposte avanzate per provare a rivitalizzare e riempire quelle parole dandogli una concretezza e un senso, facendole diventare i simboli dei comportamenti da tenere in politica.
Chi è interessato può andare sul blog www.buonapolitica-oltre.blogspot.com o sul sito dell’Unità (www.unita.it), lasciare le proprie proposte o votare quelle già presenti, per redigere insieme un manifesto, una sorta di “Codice della Buona Politica”, costruito attraverso la partecipazione di cittadini e militanti che chiederemo di inserire nello Statuto e nel Codice Etico del Pd come degli altri partiti. A noi la politica piace così, credibile fin dai comportamenti e capace di far diventare protagonisti i cittadini.
Giuseppe Civati
Davide Imola

mercoledì 26 maggio 2010

Il bilancio del Comune di Roma, la verità contro le mistificazioni

Il bilancio del Comune di Roma:

la verità contro le mistificazioni
• E’ in corso una campagna mistificatoria e strumentale sulla gestione del bilancio del Comune di Roma fra il 2001 e il 2007
• Proviamo a discernere la verità dalle mistificazioni
Perché il Comune di Roma ha un problema di liquidità?
• Perché la Regione Lazio, in crisi per i deficit nascosti nella sanità regionale accumulati fra il 2000 e il 2005 durante la gestione Storace, non versa da due anni i contributi che deve al Comune di Roma e alle aziende del trasporto pubblico
• Si tratta, come certificato dalla Ragioneria Generale dello Stato (RGS) nella relazione chiesta dal Sindaco Alemanno (pag. 20 e 22), di 268 milioni di contributi per vari settori (casa, scuola, assistenza, ecc.) e di 738 milioni di contributi per le aziende del trasporto pubblico locale. Totale 1.006 milioni
• Il Campidoglio ha dovuto anticipare queste somme. In caso contrario, la città si sarebbe fermata. Letteralmente fermata: fermi gli autobus, i tram, le metropolitane

L'eredità della giunta Storace

• Il debito accumulato sulla sanità pari a 10,5 miliardi di euro al 1 gennaio 2006
• Una cifra, ora oggetto del piano di rientro concordato con il ministero del Tesoro, che è stata accertata tutta insieme, approvando in un colpo solo i bilanci delle asl dal 2001 al 2005
• La non applicazione delle più elementari regole di contabilità e controllo continua a produrre ripercussioni gravi e determinava un disavanzo annuale di oltre 2 miliardi di euro, ora quasi dimezzato.

Perché il problema di liquidità è peggiorato negli ultimi mesi?

• Perché la Regione Lazio continua a non pagare
• Perché lo Stato tarda a trasferire 257 milioni dovuti al Comune (relazione RGS, pag. 20)
• Perché si è ridotto il gettito Ici riscosso autonomamente dal Comune

Che effetto ha l’abolizione dell’Ici prima casa per il Comune?

• L’attuazione della promessa elettorale del PDL comporta per il Campidoglio una perdita di gettito di quasi 200 milioni sulla rata di giugno e di altrettanti su quella di dicembre
• I trasferimenti compensativi da parte dello Stato non arriveranno prima dell’autunno e saranno di dimensione insufficiente
• Non terranno conto del lavoro di riclassificazione catastale svolto per fare emergere l’elusione Ici da parte dei proprietari di case di pregio, nel centro storico, da Piazza Navona a Piazza di Spagna), con una perdita di almeno 30 milioni

A quanto ammonta il debito del Comune di Roma?

• A 6,874 miliardi, come riportato nei documenti ufficiali del Comune di Roma e come certificato dalla RGS (pag. 18) e dalle agenzie di rating (vedi l’intervista della responsabile settore pubblico Europa di Standard and Poors su La Stampa del 21 giugno)
• Su questa cifra è stata montata una delle più clamorose campagne di distorsione informativa da parte di Berlusconi e della destra che l’opinione pubblica italiana abbia dovuto subire negli ultimi anni

Debito: cerchiamo di comprendere davvero di cosa stiamo parlando, in sei mosse

• Cos’è il debito pubblico
• Come si è evoluto a Roma rispetto al totale nazionale
• Per quali investimenti è stato utilizzato il nuovo debito contratto negli ultimi sette anni
• Come stanno messe le altre città, e in particolare Milano
• Come si è accumulato nel tempo, in un tempo molto lungo, il debito del Comune di Roma
• Quale potrebbe essere la sua evoluzione futura, in relazione agli investimenti in corso sulle nuove linee della metropolitana

Cos’è il debito pubblico?

• Non è un “buco”, e cioè non è un deficit. E’ uno stock che si accumula anno dopo anno in relazione ai mutui e ai titoli che l’amministrazione pubblica contrae e che dovrà ripagare in futuro
• In Italia, alla fine del 2007, è pari a 1.596,7 miliardi di euro
• Quando parliamo del debito del Comune di Roma, quindi, parliamo di una quota del debito complessivo delle pubbliche amministrazioni italiane pari allo 0,43%

Qual’è la storia del debito del Comune di Roma?

• Si è accumulato per effetto del ripiano dei deficit del trasporto pubblico durante gli anni ’80 e ’90
• La relazione RGS assevera che il 48% del debito del Comune (tutto interamente contratto prima del 2001), pari a 3,1 miliardi, dipende da questo fattore (pag. 16)
• Infatti, per circa venti anni il Comune ha contratto mutui per coprire i disavanzi del trasporto, in misura crescente nel tempo: da 200 a circa 400 miliardi del vecchio conio ogni anno
• Dal 2001 questo non accade più, i conti del trasporto pubblico romano non sono stati più coperti con mutui, il nuovo debito è stato solo per realizzare investimenti

Quanto è aumentato il debito del Comune di Roma negli ultimi anni?

• Nel 2001 il debito del Comune era di 6,021 miliardi
• L’aumento fra 2001 e 2007 è quindi di 853 milioni, pari a +14,2%, un aumento inferiore a quello del tasso d’inflazione. Il rapporto fra debito del Comune e Pil nazionale si è ridotto da 0,48% a 0,45%
• Il debito del Comune di Roma è aumentato meno di quello nazionale, non solo ovviamente in valore assoluto ma anche in percentuale. Nello stesso periodo, il debito pubblico nazionale è aumentato da 1.357,3 a 1.596,7 miliardi: +17,6%.
• Negli anni del Governo Berlusconi (2001-2006), per memoria, il debito pubblico italiano è aumentato di 218,3 miliardi
• Il Comune di Roma ha contribuito a questo aumento per lo 0,4% (853 milioni su 218,3 miliardi), e siamo in grado di descrivere tutte le opere che abbiamo realizzato.
• Aspettiamo che il Presidente Berlusconi esponga cosa ha fatto con il restante 99,6%

2002 -2006: i tagli a Roma con Berlusconi e Alemanno ministro

• La situazione finanziaria del Comune di Roma sarebbe certamente migliore se, con i governi della destra nello Stato e nella Regione fra il 2001 e il 2006, Roma non avesse subito una lunga quantità di decurtazioni e tagli: la somma dei trasferimenti correnti di Stato e Regione al Comune è diminuita da 1.231 milioni nel 2002 a 1.027 nel 2006
• La legge 396 per Roma Capitale, arrivata a 185 milioni nel 2003, è stata progressivamente definanziata (103 milioni nel 2004, 80 nel 2005, 70 nel 2006), per essere ripristinata dal Governo Prodi nel 2007 con 595 milioni nel triennio 2007-2009. Senza le decurtazioni del periodo 2004-2006, a Roma sarebbero arrivati 300 milioni in più per gli investimenti sulla città
• Senza il taglio ai finanziamenti per Roma Capitale, il Comune avrebbe potuto ridurre di 300 milioni il proprio indebitamento

A cosa sono serviti i finanziamenti attivati dalla giunta Veltroni fra il 2001 e il 2007?

• A realizzare investimenti per la città
• Accanto al ricorso ai mercati finanziari, fra il 2001 e il 2007 il Comune ha attivato molte altre risorse diverse dal debito per finanziare gli investimenti
• In particolare, sono state destinate a investimenti 2,1 miliardi di entrate proprie (oneri concessori, proventi delle alienazioni patrimoniali, avanzi di amministrazione)
• Anche in futuro occorrerà continuare su questa strada

Alcuni dei principali investimenti conclusi in 7 anni di governo di Roma

• Auditorium
• Car
• Nuova Fiera di Roma
• Passante a Nord Ovest
• Svincolo del Tintoretto
• Sottovia di Tor Vergata
• 2123 nuovi autobus: dimezzata età flotta
• 39 nuovi treni linea A: interamente rinnovato parco treni
• 13.600 nuovi punti luce
• 90 scuole ristrutturate, 8 nuove scuole, 9 in fase di realizzazione

I cantieri delle nuove linee della metropolitana

• I cantieri più importanti aperti durante l’amministrazione Veltroni sono quelli delle nuove metropolitane: la linea B1, a servizio di un territorio di quasi 400 mila abitanti, e la linea C, anch’essa a servizio di una città di 400 mila abitanti
• Nei due cantieri, da Piazza Bologna verso Piazzale Jonio e da Piazza San Giovanni verso Alessandrino, sono in funzione due talpe che stanno scavando
• Il neo sindaco Alemanno è andato a inaugurare i lavori di uno di questi cantieri, rilasciando dichiarazioni entusiastiche
• Ecco, questi sono i due “buchi”, quelli veri, che la Giunta Veltroni ha lasciato

Il debito a Roma e Milano

• A Roma il debito comunale è 6,874 miliardi alla fine del 2007. A Milano è 3,703 miliardi (Standard and Poors)
• A Roma la popolazione è 2.705.603, a Milano 1.303.437
• Il debito per abitante a Roma è di 2.540 euro, a Milano di 2.840 euro.
• Tra il 2001 e il 2007 il debito di Roma è aumentato del 14,4% e a Milano del 18,2%
• Il servizio del debito (interessi più ammortamenti) costa al Comune di Roma il 13,9% del totale delle entrate; a Milano costa il 15,5% (fonte Standard and Poors)
• Invece di fare linciaggi politici nei confronti di chi ha governato Roma, non sarebbe il caso di riflettere sulle difficoltà che hanno tutte le grandi aree metropolitane italiane per finanziare gli investimenti necessari a migliorare le infrastrutture, e soprattutto quelle di trasporto collettivo ed eco-sostenibile?

Come sono stati fatti lievitare i numeri del debito

• Al debito in essere, pari a 6,874 miliardi di euro, sono stati aggiunti 1,277 miliardi di euro relativi alle linee di credito attivate per realizzare investimenti, in particolare per le metropolitane
• Non è corretto sommarle al debito perché sono aperture di credito contrattualizzate ma non ancora effettivamente utilizzate

Se si usasse lo stesso metodo il debito dello Stato ...

• Se si considerassero tutti gli oneri previsti per il futuro il debito dello Stato supererebbe di gran lunga la già notevole soglia del 104% del Pil
• Se ad esempio si considerassero gli oneri previsti per le pensioni da erogare in futuro il debito pubblico si avvicinerebbe al 1000% del Pil

Standard and Poors: solo debito in essere

• Così chiarisce Myriam Fernandez de Heredia, responsabile S&P per il settore pubblico in Europa, i finanziamenti concessi e non ancora utilizzati “non possiamo considerarli come debito in essere”. I 6,874 miliardi, a fine 2007, “sono quelli in ammortamento”, “non teniamo conto di quelli contrattualizzati e non ancora in ammortamento che analizziamo nel contesto delle nostre proiezioni di investimento per i prossimi anni”.

Quando si parla di dati 'occultati'

• Si dice il falso: tutti i dati che correttamente devono essere riportati in bilancio sono stati iscritti nelle poste corrispondenti
• I dati erano già noti agli analisti

Standard and Poors: dati che avevamo già

• Di nuovo Myriam Fernandez, responsabile S&P per il settore pubblico Europa chiarisce che la relazione della Ragioneria generale dello Stato “non ci dà nessuna informazione nuova”, “sono dati che avevamo già considerato”
• Roma ha lo stesso rating, A+, della Repubblica Italiana
• Si può davvero parlare di dissesto nascosto?

Quale futuro per il debito del Comune? (1)

• Tutto dipende dall’entità e dal modo di finanziamento del piano di investimenti in corso
• Guardiamo ai cantieri già aperti. Essi comprendono la linea B1, la linea C, oltre alle altre opere avviate per l’emergenza traffico (parcheggi, nodi di scambio, corridoi della mobilità), che hanno avuto una forte velocità di attuazione grazie ai poteri speciali che il Sindaco di Roma ha ottenuto nel dicembre 2006 dal Governo Prodi
• Per avviare queste opere sono state aperte linee di credito ancora non utilizzate per 1,277 miliardi
• Si tratta di quello che la relazione della RGS definisce come debito “contrattualizzato” ma ancora non erogato (pag. 17)

Quale futuro per il debito del Comune? (2)

• Se, e soltanto se, il Comune non troverà altre fonti di finanziamento, il completamento di queste opere porterà nei prossimi anni il debito del Comune a 8,151 miliardi (6,874 + 1,277)
• La questione è ben nota. E’ stata esaminata nel DPF del Comune di settembre 2007 (pag. 112-113). E’ stata anche esaminata dalle agenzie di rating. Si veda, ad esempio, il Report su Roma redatto da S&P in data 8 gennaio 2008. La stessa relazione della RGS, correttamente, quando parla della sostenibilità delle finanze comunali, aggiunge sempre la locuzione “a politiche invariate” (pag. 33)
• Ecco, appunto: ci vuole una politica. La precedente Giunta nel DPF proponeva: alienazioni, valorizzazioni, maggiori contributi da Stato e Regione, miglioramento del margine operativo netto del bilancio
• Sulla base di questo indirizzo, ad esempio, è stato approvato il progetto urbanistico per il comprensorio pubblico di Collatino-Togliatti (ex Centro Carni) che, ove realizzato, potrebbe portare 200 milioni alle casse comunali. Operazioni simili potrebbero essere avviate sulle aree pubbliche di Pietralata e di Ostia, oltre che sulle aree e gli immobili che lo Stato vuole dismettere a Roma, dividendone i proventi con il Comune

I potenziali debiti fuori bilancio: attenti alle mistificazioni

• Per alcune settimane gli uffici capitolini sono stati chiamati a un “redde rationem” su tutti i possibili debiti che potrebbero emergere in futuro sui contratti e procedimenti degli ultimi anni e su quelli in corso
• L’intento è chiaro: gonfiare il più possibile le cifre da chiedere al Governo, addebitandole all’amministrazione uscente
• Gli effetti possono essere disastrosi: alla lampante mistificazione politica, si aggiunge il messaggio che chiunque voglia chieder soldi al Comune, questo è il momento giusto per farlo. Con buona pace di ogni buon diritto dell’amministrazione a contraddire e a resistere ai “postulanti”, ovvero ai soggetti già entrati in contenzioso
• Gli ispettori della RGS si limitano nella loro relazione a prendere atto di quanto loro comunicato dagli uffici comunali, a fare uso di abbondanti condizionali e ad assumere questo dato come “meramente indicativo” (pag. 23)

Espropri

• Esiste uno storico contenzioso nei confronti del Comune da parte dei proprietari delle aree espropriati negli ultimi trent’anni. Si tratta di partite antichissime, che hanno origine negli anni ’70, compresa la storica realizzazione dei grandi piani di edilizia economica e popolare avviata da Petroselli. Si pensi che uno dei processi in corso è ancora relativo a Tor Bella Monaca
• E’ impossibile, però, cifrare ex ante il “valore” delle cause in corso: non è detto che il Comune perda sempre, sono possibili transazioni, i tempi di maturazione delle sentenze sono incerti
• Negli anni passati, il bilancio di previsione veniva sempre dotato di un “fondo rischi” per queste spese straordinarie, per alcune decine di milioni di euro, che eventualmente (e dolorosamente) veniva rimpinguato nel corso dell’anno, se necessario
• Questa scelta è assolutamente legittima dal punto di vista giuscontabile, e anzi è molto più sensata dell’idea che oggi prevarrebbe di “metter da parte” una montagna di soldi per coprire future potenziali sentenze incerte nel “quantum” e nei tempi

Non è vero che manca un piano per finanziare la nuova edilizia sociale e agevolata

• Nella lista consegnata agli ispettori della RGS si inseriscono come “risorse mancanti” quelle necessarie ad attivare i 32 piani di zona già varati dal Consiglio Comunale per la nuova edilizia economica e popolare. Ancora espropri. Ancora “rendita” da saldare
• Peccato che si tratti di un grossolano errore
• Infatti, il piano di finanziamento di questo importantissimo intervento c’è, e basta soltanto attivarlo (cioè, lavorare). Vanno accertati contributi regionali di circa 60 milioni all’anno per cinque anni. E vanno vendute le case esistenti alle famiglie che volontariamente optano per l’acquisto. 7.500 famiglie si sono già dette disponibili. Si potrebbero avere così almeno 350-400 milioni.
• Se qualcuno, durante la gestione commissariale e nel primo mese e mezzo della nuova amministrazione Alemanno, ha proceduto alla realizzazione del piano pensando solo alle spese, attivando le procedure di esproprio, e dimenticandosi di lavorare per accertare le risorse previste in entrata, allora questo qualcuno ha sbagliato. E questo qualcuno non è certamente il precedente Sindaco
• Il piano finanziario c’è, e bisogna velocemente attuarlo. E’ facile, in caso contrario, esporsi alla critica che il Comune di Roma, mentre batte cassa allo Stato, non fa la propria parte e pretende tutto da “Pantalone”

I crediti delle aziende partecipate(1)

• L’Ama ha già avuto riconosciuta una somma di circa 90 milioni con delibera del marzo 2007 e con corresponsione rateizzata in tre anni. Rispetto agli altri crediti vantati dall’azienda, le valutazioni effettuate dagli uffici durante la passata amministrazione ritenevano corrette solo una parte delle pretese, per circa 60-70 milioni di euro, quasi tutti relativi a servizi resi prima del 2004-2005, incluso il Giubileo del 2000
• Queste somme non vanno confuse con il credito commerciale che Ama vanta nei confronti dei suoi clienti inadempienti al pagamento della Tariffa Rifiuti (soprattutto pubbliche amministrazioni e imprese)
• Per quanto riguarda le aziende di trasporto, i crediti da riconoscere sono quelli legati all'aumento del prezzo dei carburanti e a qualche partita più piccola su manutenzioni e agevolazioni.
• Per memoria, la precedente amministrazione aveva programmato l’operazione Collatino-Togliatti, per un valore stimato di 200 milioni di euro, con l’obiettivo di finanziare da un lato la ricapitalizzazione di Ama e dall’altro proprio gli investimenti sul trasporto pubblico

I crediti delle aziende partecipate (2)

• Le valutazioni effettive convergono verso una cifra complessiva di circa 150 e 200 milioni sull’intero periodo 2000-2007, a seconda che si includano i 40 milioni relativi alle sanzioni degli ausiliari dell’Atac, che il Comune corrisponde in base all’effettivamente riscosso, mentre l’azienda ne vorrebbe di fatto un’anticipazione, che finora il Comune ha ritenuto di non accordare
• Si ricordi che l’ammontare dei contratti di servizio in essere nei confronti del trasporto e di Ama è di circa 1 miliardo all’anno. Quindi, su un volume contrattuale di 8 miliardi (8 anni per 1 miliardo), le “sofferenze”, ovvero i “contenziosi contrattuali” varrebbero tra l'1,8% e il 2,5%%! Una quota assolutamente normale, eventualmente rateizzabile in due-tre anni.
• Insomma, parliamo di ordinaria manutenzione e gestione di grandi contratti, e non certo di disattenzione amministrativa!

Contenzioso con Ater

• Il contenzioso Ici con l’Ater vede il Comune vantare un credito di più di 500 milioni, per il quale il concessionario delle imposte ha già imboccato la strada delle procedure esecutive
• La sezione autonomie della Corte dei Conti del Lazio, la stessa che ha mandato al Sindaco Alemanno una recente lettera ampiamente pubblicizzata dai giornali, ha sollecitato il Comune a lavorare sodo per la riscossione di questo credito. Cosa che il Comune ha fatto dando il via libera, già durante la precedente amministrazione, alle azioni esecutive oggi in atto
• La questione sarebbe facilmente risolvibile se solo la Regione garantisse la stessa Ater per un’operazione finanziaria da “spalmare” a lungo termine. Il Comune ha più volte proposto questa soluzione, ma né la giunta Storace né, finora, quella Marrazzo hanno percorso questa strada.

Quanto costa il debito comunale?

• Il costo del debito (rapporto fra spesa per interessi e ammontare nominale del debito stesso) a fine aprile è pari a 4,67%, analogo quindi a quello dei BTP decennali
• La struttura per tasso è - analogamente a quella dello Stato – per il 70% indicizzata al tasso fisso e implica quindi una spesa per interessi poco volatile anche in presenza dei significativi rialzi dei tassi in corso (se tutta la curva dei tassi salisse istantaneamente di 100 punti base, la spesa per interessi aumenterebbe di soli 13 milioni)
• Gli oneri totali annui medi sono diminuiti di circa 140 milioni e rappresentano in rapporto alle entrate un valore (13,9%) inferiore ad esempio al 15,5% del Comune di Milano
• Gli oneri annuali presentano, dopo il “gradino” del 2009, un profilo temporale decrescente

Dinamica futura degli oneri finanziari

• Gli oneri sul debito si riducono nel medio periodo
• Il picco maggiore sarebbe rientrato nella scadenza naturale della giunta precedente

Attenzione: non stiamo affermando che il bilancio del Comune di Roma non abbia grandi problemi

Questi problemi li conosciamo bene, e li abbiamo gestiti per molti anni senza piangerci addosso e senza gridare allo scandalo

Sono problemi strutturali che derivano:
o Dalla storica sperequazione a svantaggio di Roma nell’ammontare dei trasferimenti erariali procapite, pari fino al 2006 a 286 euro per abitante a Roma contro 321 a Milano. Se il Governo di cui Alemanno ha fatto parte avesse perequato Roma con Milano nel 2001, il Comune avrebbe avuto diritto a circa 100 milioni in più all’anno per sei anni, quindi a circa 600 milioni. Veltroni, nel 2007, ha ottenuto dal Governo Prodi un buon passo avanti verso questa perequazione, senza ricorrere a provvedimenti straordinari
o Dalla contrazione dei trasferimenti, scesi da 1.231 a 990 fra 2002 e 2007
o Dal fardello di uno stock di debito molto elevato

Perché le difficoltà sono aumentate fra il 2007 e il 2008?

Come era stato previsto dagli ultimi due DPF comunali, e soprattutto da quello di settembre 2007, sono emersi cinque nuovi fattori di difficoltà:
o La crisi finanziaria della Regione Lazio
o Il nuovo ciclo al rialzo dei tassi d’interesse
o L’aumento del prezzo del petrolio, e quindi del costo dei combustibili per il trasporto
o L’ingente piano di investimenti in corso di attuazione
o L’abolizione Ici prima casa

Quale politica economica e finanziaria per Roma?

• Il vero punto è allora: qual’è il programma politico della nuova Giunta Comunale? E’ chiaro che Alemanno vuole chiedere soldi allo Stato, e che per far questo ha gonfiato le cifre delle difficoltà finanziarie del Comune, che pure esistono
• Ha anche intenzione, oltre a questo, di assumersi qualche responsabilità di governo? Ad esempio, di procedere con le valorizzazioni delle aree pubbliche, di vendere le case comunali alle famiglie che volontariamente ne fanno richiesta, di trasformare il diritto di superficie in diritto di proprietà, di mantenere una politica di attenta “manutenzione” delle entrate?
• E’ questo che tutti aspettiamo, a partire dalle agenzie di rating. Un programma, progetti, idee. A meno che l’unica cosa a cui pensi Alemanno sia di chiudere i cantieri in corso, e non solo la Notte Bianca. Con la conseguenza di spegnere Roma e il suo sviluppo economico e civile degli ultimi quindici anni.

sabato 17 aprile 2010

PROPOSTE PER IL CODICE DEI COMPORTAMENTI DELLA BUONA POLITICA

Nei comportamenti della politica sono diventate desuete o hanno perso di valore molte parole che dovrebbero essere alla base di un corretto vivere civile e di un rapporto trasparente tra rappresentanti e rappresentati che fanno parte della stessa comunità, sia essa un partito, un circolo, un comune o l’intero stato.

Vogliamo provare a rivitalizzare e riempire queste parole dandogli una concretezza e un senso, facendole diventare i simboli dei comportamenti da tenere in politica.

ONESTA’:

· Chiunque ricopre cariche pubbliche anche su nomina di partiti, organizzazioni economiche o sociali, se condannato in primo grado per reati gravi, esclusi quelli d’opinione, deve dimettersi.

· Chiunque sia stato condannato in primo grado per reati gravi, esclusi quelli d’opinione, non può essere candidato.

· Chi ricopre incarichi di rappresentanza per partiti politici od organizzazioni di rappresentanza economica e sociale se indagato per reati gravi, esclusi quelli d’opinione, deve autosospendersi fino all’archiviazione o alla sentenza di primo grado.

· Vanno introdotte forme di controllo degli atti delle amministrazioni pubbliche locali.

· Per evitare che il controllato nomini il controllore o eserciti su di lui pericolose pressioni, ogni organizzazione di rappresentanza politica, economica e sociale deve avere organi di controllo amministrativo e ispettivo autonomi, super partes e di provata competenza e mai di nomina o eletti su proposta degli esecutivi di tali organizzazioni, ne da questi retribuiti.

· I codici etici devono essere obbligatori, vincolanti, regolati sulla base di riferimenti di legge e devono prevedere sanzioni proporzionali alle mancanze accertate.

DEMOCRAZIA:

· In tutte le organizzazioni politiche e di rappresentanza economica e sociale, a qualsiasi livello, le decisioni si prendono a scrutinio segreto.

· Non si possono trascinare per mesi, o addirittura anni, discussioni su temi politici rilevanti

senza che si facciano mediazioni condivise e senza organismi in cui si vota e si decide sulla base di proposte differenti.

· Va introdotta a livello nazionale e nelle Regioni la forma del Referendum propositivo da tenersi sempre assieme alle altre consultazioni di carattere nazionale o regionale.

· Le primarie vanno rese obbligatorie per alcuni tipi di incarichi. Contemporaneamente va chiesta una regolazione per legge istituendo registri specifici.

· In ogni ambito elettivo, sia pubblico sia legato alla vita interna di partiti ed organizzazioni di rappresentanza economica e sociale, va introdotta la preferenza unica.

· Salvo i casi d’accorpamenti o trasformazioni democraticamente decise, gli eletti nelle formazioni politiche che cambiano partito si dimettono dall’incarico o dalla funzione in cui sono stati eletti o delegati.

· Vanno introdotti “misuratori” pubblici della effettiva rappresentatività di tutte le organizzazioni di rappresentanza economica e sociale.

· La coesione sociale è un bene primario e per questo tutti gli atti pubblici o le proposte delle parti sociali che incontrano una maggioranza superiore ai due terzi avranno corsie preferenziali per la loro discussione ed eventuale approvazione sia a livello nazionale sia locale.

· Partendo da capacità e curriculum, bisogna garantire un’equa rappresentatività negli organismi direttivi, nonché tra i candidati alle elezioni a qualsiasi livello, di donne, giovani e migranti.

PARTECIPAZIONE:

· Nei partiti e nelle organizzazioni di rappresentanza economica e sociale, sulle materie definite nel codice etico e su tutti i temi in cui non vi è una maggioranza dei due terzi, almeno una volta l’anno si consultano gli iscritti, con il voto su ipotesi alternative.

· Con una raccolta di firme, di cui entità e modalità sono definite nel codice etico, gli iscritti a partiti e organizzazioni di rappresentanza economica e sociale possono indire specifici referendum sia consultivi sia propositivi.

· Le segreterie comunali e provinciali dei partiti sono composte per due terzi dai coordinatori di circolo o da una rappresentanza di essi.

· I circoli di base e tematici devono avere risorse per funzionare, diversamente è messa in discussione, in partenza, la capacità di diffusione sul territorio del partito ed una sua reale capacità di ascolto e di interlocuzione di base. Il 50% delle risorse raccolte dal tesseramento e dai rimborsi elettorali in capo ad ogni collegio elettorale devono essere assegnate ai circoli in base alla loro diffusione.

· I candidati a responsabilità di partito o istituzionali devono essere eletti dagli iscritti sulla base di una rosa di autocandidature e non su proposta degli esecutivi in carica.

· Per i ruoli apicali (Segretario regionale o nazionale, Sindaco, Presidente di provincia o regione, parlamentare, …) vanno indette le primarie. Per gli altri ruoli politici e per le cariche delle organizzazioni di massa avere un voto nei congressi o negli organismi direttivi su una rosa di autocandidature.

MERITOCRAZIA;

· Per evitare sbarramenti e favorire il ricambio, ogni tipo d’incarico di partito, istituzionale, pubblico o di rappresentanza di carattere elettivo o su nomina di partiti, organizzazioni economiche o sociali deve prevedere una rotazione obbligatoria dopo due mandati e per massimo 10 anni.

· Gli statuti devono prevedere l’incompatibilità per doppi o tripli incarichi e sanzionare comportamenti non coerenti.

· Di norma chi ricopre un ruolo istituzionale elettivo prima di candidarsi ad altri incarichi istituzionali finisce il mandato ricevuto dagli elettori.

· Chi si candida in un ruolo istituzionale, prima si dimette dagli incarichi che già ricopre.

· Nella determinazione degli incarichi di qualsiasi livello di responsabilità, si valuterà come prioritaria nella selezione, il curriculum, formativo, lavorativo e politico. In tale prassi verrà data priorità a chi abbia già avuto responsabilità dirette per più tempo o acquisito competenze specifiche nell’area di lavoro da assegnare o a chi ha raggiunto risultati oggettivi nello stesso livello di responsabilità (nazionale, regionale, provinciale, comunale di zona) o al livello immediatamente inferiore.

· Negli enti e società di gestione controllati dal pubblico non vanno nominati politici ma persone competenti.

Inviateci proposte, consigli, segnalazioni ed aiutateci a costruire assieme il

CODICE DEI COMPORTAMENTI DELLA BUONA POLITICA

che poi verrà votato da tutti gli interessati attraverso internet


Il wiki: oltre.pbworks.com
E-mail:
andiamooltre@gmail.com

Per dare la propria disponibilità sul progetto sentirmi@liebero.it (Davide Imola)

danieledinunzio@gmail.com (Daniele Di Nunzio)

venerdì 16 aprile 2010

COSTRUIAMO UN CODICE DEI COMPORTAMENTI DELLA POLITICA

La frontiera dei comportamenti.

La crisi della politica come strumento di soluzione dei problemi posti dalla società a partire da chi vive le difficoltà maggiori è sotto gli occhi di tutti.

La difficoltà dell’attuale classe dirigente ad interpretare i cambiamenti e le necessità dei singoli individui trovando risposte collettive, responsabili e concrete è un elemento da affrontare.

In questa situazione l’impegno civile e la responsabilità di ognuno di noi diventa fondamentale e non possiamo continuare a fare del nostro meglio, ognuno nel proprio campo d’intervento, senza che ciò abbia il giusto peso negli atti che rendono poi un posto di lavoro, un quartiere, una città, un paese, luoghi migliori e capaci di utilizzare tutte le energie e tutte le sinergie possibili per costruire percorsi virtuosi e risposte efficaci, condivise e volute.

L’attività politica e sociale è un bene comune: è uno strumento indispensabile per supportare l’affermazione individuale attraverso la gestione della vita collettiva così come è uno spazio di espressione fondamentale per ciascuno cittadino. La politica è un bene comune, perché ha un impatto sulla vita di ciascuno e perché è uno strumento nelle mani di ciascuno.

Gran parte dei dirigenti dei partiti e delle grandi organizzazioni economiche e sociali, sono nati negli anni 40 e 50. Sono figli del boom demografico e del ’68, hanno avuto la possibilità di raggiungere posti di responsabilità da giovani e hanno, nel proprio passato, periodi importanti di conquiste politiche e sociali. Ma da almeno tre decenni sono ancorati a quelle esperienze, a quella visione del mondo e, anche, a posizioni di potere difese ad oltranza.

Negli anni si è imposta una logica cosiddetta “di partito” che significa concepire l’azione politica in termini meramente strumentali e individuali. Chi segue una logica “di partito” punta a fare prevalere il proprio gruppo di appartenenza, sia perché questo gruppo rappresenta delle visioni del mondo che non si vuole mettere in discussione (ideologie radicali o riformiste che siano) sia perché, nel peggiore dei casi, il proprio gruppo rappresenta un insieme di interessi personali. Lo stesso ricambio generazionale, laddove è stato proposto, ha seguito questa logica trasformandosi in pura retorica: si sono favorite le cordate invece di alimentare il dibattito, si è alimentato un atteggiamento autoritario e leadirista invece di favorire l’emersione di nuove proposte, si è premiato il servilismo sciocco della cooptazione e non l’impegno, il merito, le competenze. È necessario dunque andare oltre la logica strumentale del partito per affermarne un’altra, capace di restituire il senso profondo dell’azione politica e sociale, capace di rivitalizzare l’elaborazione democratica delle proposte e l’azione collettiva, capace di fare emergere i talenti e i progetti migliori.

Il cambio generazionale che ancora stenta, è un “ricambio epocale”.

Allora che si fa e come?

Sono necessarie idee forti per garantire comportamenti corretti che gli uomini e le donne presenti nei partiti, nei sindacati e in tutte le organizzazioni sociali e di rappresentanza devono tenere.

Servono, ad esempio, proposte convincenti su come applicare finalmente gli Art. 39 e 49 della Costituzione sui comportamenti e le modalità del fare politica, perché il ricambio generazionale di cui hanno bisogno i partiti e le organizzazioni di massa da solo non basta.
I cittadini hanno il diritto di partecipare al massimo all’attività politica e sociale, all’elaborazione delle proposte e alla loro attuazione.

I militanti e gli iscritti hanno il diritto di essere consultati e di decidere, votando, temi importanti di linea politica su cui i gruppi dirigenti non riescono a trovare una sintesi condivisa.
Devono poter decidere chi sono i loro candidati e devono poter pretendere che chi si candida o assume responsabilità di partito o istituzionali, abbia competenze sufficienti e sperimentate.

I militanti devono avere luoghi in cui dialogare sistematicamente con i dirigenti, e devono poter essere ascoltati da sindaci, assessori o deputati se devono porre problemi che interessano i cittadini. Il codice etico deve essere vincolante e, ad esempio, deve prevedere: una rotazione certa dopo massimo due mandati per tutti i tipi d’incarico; l’eliminazione di qualsiasi forma di doppio o triplo incarico; la sospensione per gli inquisiti e l’espulsione per i condannati.

La proposta. È indispensabile valorizzare e formalizzare gli elementi della buona politica.

È ormai evidente come la ricchezza dell’azione politica, il metodo con il quale è condotta e la non esistenza di alcuna distinzione tra il mezzo e il fine dell’azione conferma l’affermazione che la democrazia si persegue solamente attraverso la pratica della democrazia. È necessario favorire il confronto, lo scambio, la contaminazione e la condivisione. Si avverte ormai con forza l’esigenza della diffusione di un metodo condiviso, capace anche di creare una continuità di senso tra i molteplici progetti portati avanti, per riuscire a fare emergere una narrazione collettiva la cui coerenza non è data tanto e solo dagli obiettivi comuni ma anche dal metodo con il quale questi obiettivi sono definiti e perseguiti.

E’ possibile utilizzare le esperienze virtuose dei singoli che fanno politica per passione e per senso civico o che la fanno nei luoghi sociali diffusi sul territorio, diventando dei moltiplicatori di buone pratiche, per far emergere un’alternativa reale ed efficace: nel gestire le politiche migratorie come nel tutelare i lavoratori precari; nel garantire una sanità buona e gratuita, nel gestire pluralmente e correttamente i mezzi d’informazione; nel gestire onestamente e fruttuosamente le imprese, nel sostenere e valorizzare la cultura …

Queste esperienze sono migliaia come migliaia sono le donne e gli uomini che contribuiscono, con il loro esempio, a realizzarle dimostrando ogni giorno che una politica diversa è possibile.

Dobbiamo creare l’opportunità di mettere in rete queste esperienze e di utilizzarle come moltiplicatore diffuso e capillare pretendendo che chi fa politica, chi amministra, chi opera nelle istituzioni o nelle organizzazioni di rappresentanza sociale abbia comportamenti coerenti, corretti, e realmente democratici. Per questo lanciamo una campagna che acquisisca idee e suggerimenti da tutti coloro che vorranno contribuire. Un’energia pulita che può sfociare in una proposta di manifesto per il cambiamento degli statuti e dei codici etici dei partiti fino ad arrivare ad una proposta di legge popolare per l’applicazione dell’Art. 49 della costituzione: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.” Oggi si sente il vuoto profondo che ha lasciato la mancata applicazione di questo Articolo, come di altre parti, della Costituzione Italiana.

Gli strumenti

Mettiamoci in rete promuovendo un Codice dei Comportamenti della Buona Politica”, attorno ad un’idea diversa di pratica della politica che chiama in causa le responsabilità di ognuno da quelle individuali a quelle collettive. Diventiamo moltiplicatori di quel protagonismo individuale di cui si sente tanto il bisogno e di cui sono presenti segnali visibili sia nella politica, sia tra i movimenti spontanei di cittadini. “Imponiamo” un metodo che consenta di valorizzare il protagonismo individuale e le competenze facendole diventare fattore di ricchezza così che per tutti sia spontaneo e gratificante contribuire a fare una “buona politica”.

Abbiamo cominciato a raccogliere alcuni suggerimenti che vi proponiamo.

Inviateci proposte, consigli, segnalazioni ed aiutateci a costruire assieme il

CODICE DEI COMPORTAMENTI DELLA BUONA POLITICA

che poi verrà votato da tutti gli interessati attraverso internet.

Il wiki: oltre.pbworks.com - E-mail: andiamooltre@gmail.com

Per dare la propria disponibilità sul progetto:

sentirmi@libero.it (Davide Imola) danieledinunzio@gmail.com (Daniele Di Nunzio)

UN ALTRO PAESE E' POSSIBILE, FORSE, SENZA QUESTA CLASSE DIRIGENTE

Cari amici vi segnalo questo mio articolo pubblicato sull'Unità del 7 aprile in cui ho provato a declinare alcune necessità di ricambio, di democrazia, di partecipazione perchè la politica, ma in particolare il PD potesse uscire dall’attuale crisi profonda.



Caro Direttore,


leggendo la sua intervista a Nadia Urbinati mi sono tornati in mente i luoghi della mia militanza politica in Romagna e, di botto, una marea di ragionamenti: ricambio generazionale, meritocrazia, coerenza, etica, luoghi di partecipazione reale, linea politica chiara e condivisa, ecc.
Ragionamenti che da anni faccio con militanti e dirigenti del PD, ma che ancora non hanno piena cittadinanza nel Partito. 


Il cambio generazionale che ancora stenta, è un “ricambio epocale”.

Gran parte dei dirigenti del PD, come anche di altri partiti e organizzazioni della sinistra, sono nati negli anni 40 e 50. Sono figli del boom demografico e del ’68, hanno avuto la possibilità di raggiungere posti di responsabilità da giovani e hanno, nel proprio passato, periodi importanti di conquiste politiche e sociali.

Ma da almeno tre decenni sono ancorati a quelle esperienze, a quella visione del mondo e, anche, a posizioni di potere difese ad oltranza. 


Così hanno bloccato la generazione successiva, quella degli anni 60 e 70 che invece, nelle poche occasioni in cui riesce a cimentarsi, dimostra spesso adeguatezza ai nostri giorni. 


Lo dicono i casi di Venezia, Lecco, Lodi, Montebelluna ma anche dell’Umbria, di Firenze, della Toscana.
Occorre un ricambio generazionale che non sia cooptare giovani senza alcuna esperienza e senza una storia politica di militanza alle spalle, solo perché fedeli al vecchio “potente” e alla sua cordata.
Atteggiamenti come questo hanno creato gruppi di potere trasversali, scollegati da qualsiasi linea politica e attenti all’occupazione d’ogni postazione di potere che li garantisse. 
Né sono servite le sonore sconfitte degli ultimi venti anni: i gruppi dirigenti così costruiti si sono sempre auto assolti sgretolando qualsiasi forma d’identità del partito. 


Ma il ricambio epocale di cui ha bisogno il PD da solo non basta.

Occorre riempire i luoghi della partecipazione politica e della militanza, oggi scatole vuote. Perché un militante del PD dovrebbe organizzare volantinaggi e iniziative pubbliche se, poi, gli spazi dove contribuire ad assumere un orientamento politico non sono reali.

Le analisi e ancor più le decisioni si prendono in altri luoghi, molto riservati e senza controllo popolare. Così può capitare, ad esempio, che mentre scendi in piazza in difesa dell’acqua come bene pubblico, i tuoi dirigenti comunali avviano le privatizzazioni.

Oppure mentre parli d’etica vengono candidati personaggi impresentabili o ancora, mentre ci si impegna contro la precarietà alcuni senatori presentano proposte del PD che affossano i diritti dei padri e condannano a precarietà certa i figli.


I militanti e gli iscritti hanno il diritto di essere consultati e di decidere, votando, su temi di linea politica importanti su cui i gruppi dirigenti non riescono a trovare una sintesi condivisa. 
Devono poter decidere chi sono i loro candidati e devono poter pretendere che chi si candida o assume responsabilità di partito, abbia competenze sufficienti.


I militanti devono avere luoghi in cui sistematicamente dialogare con i dirigenti, e devono poter essere ascoltati da sindaci, assessori o deputati se devono porre problemi che interessano i cittadini. 


Il codice etico deve essere vincolante e, ad esempio, deve prevedere: una rotazione certa dopo massimo due mandati per tutti i tipi d’incarico; l’eliminazione di qualsiasi forma di doppio o triplo incarico; la sospensione per gli inquisiti e l’espulsione per i condannati.


Tutto ciò è alla base della vittoria della Lega se Bossi anche nel commento poco dopo il voto ha sentito il bisogno di dire che la Lega è coerente, che solo chi lavora fa carriera e che i giovani meritevoli da loro hanno spazio mentre negli altri partiti sono bloccati. 


Il PD potrebbe lanciare una campagna per l’applicazione dell’Art. 49 della costituzione ed essere realmente il punto di riferimento di un nuovo modello di politica e di un nuovo progetto per il nostro Paese basato sulla coesione sociale e sullo sviluppo sostenibile, etico e solidale. Un nuovo modello realmente alternativo all’attuale società votata allo scontro permanente imposto dal Berlusconismo.

Un Paese capace di fare buone mediazioni tra interessi e tra gruppi sociali diversi, come nelle migliori tradizioni del PCI e della DC. 


Un Paese possibile, forse, senza l’attuale classe dirigente.

mercoledì 24 marzo 2010

DE TE FABULA NARRATUR

Responsabilità Civile. Due parole che evocano lo scenario irrinunciabile del nostro comune agire in un mondo dove ogni comunità vive nell'orizzonte di tutti [...]

L'inequivocabile centro dell'attuale crisi, cementatasi durante decenni di deregolamentazioni, di fatti maturati nell’ombra che hanno permesso a mani non sorvegliate da nessun controllo di tessere la tela della vita collettiva (Gramsci/Capitini) si può riconoscere nell’asservimento della politica all’economia, nell’economia nonostante gli uomini che non mette mai in conto sofferenze, torture, mutilazioni, malattie, esclusioni e condanne, esecuzioni, massacri, svuotamenti di corpi, impoverimenti.

E’ lecito chiedere alla generazione che ha assistito a questo lento declino in quale punto della nostra storia, italiana, europea, mondiale, la loro responsabilità civile ha abdicato? Se per via di un adeguamento quotidiano, impercettibile o se abbiamo collettivamente smesso di pensare che obbedire non è l'unico modo d'amar la legge ma che le leggi degli uomini si tengono veramente in onore osservandole solo quando sono giuste (Don Lorenzo Milani). E sono giuste quando sono la forza del debole. E’ questo, forse, il grande oblio della sinistra?

Responsabilità civile. Il bene pubblico e la politica prima dell’interesse privato. Bisogna domandar conto ad ognuno, scriveva Gramsci nel 1916, del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non fa fatto. La Storia non è un enorme fenomeno naturale ed il primo dovere è tentarne un racconto, lasciarne un testimone chiaro perché è a partire dall’intelligibilità che ci si può organizzare in modo coerente e creativo, che si può fare dell'esperienza di incontro un seminario autentico, che si può tentare di muovere dal di dentro noi stessi, innanzitutto, e delineare prospettive e pianificazioni, ricerche, indicazioni, azioni.

Raccontateci questa storia perché è di noi che parla: la storia di un'Italia che mille volte si è uccisa e mille volte si è perdonata davanti a tribunali della verità in cui era giudice di se stessa e accusato impenitente, dove la vittima pretesa era stata il ladro di un tempo lontano. Restituiteci la memoria degli anni in cui noi eravamo bambine e bambini perché adesso vi stiamo chiamando da uomini e donne vostri pari per assumere scelte, per avere assieme il coraggio di conquistare nuovi rapporti umani e maturare la nostra identità, di cercare instancabilmente gli altri e creare modi di informazione di controllo di intervento, per trasformare gli strumenti di coercizione in strumenti di educazione (Capitini). Per far sì che il futuro sia la nostra paziente ed intelligente opera.

Questa società civile che invisibilmente agisce da sempre come immensa forza di resistenza smentisce il potere proprio quando più minaccioso ci osserva avvizzito e furioso dal suo scranno. E’ questo la vera vecchiezza d’Italia, gli anni che ci separano sono invece la nostra comune forza contro la dimenticanza, primo male d’Italia. Bisogna muoversi insieme, sempre ricordando e approfondendo, tra le fratture di un potere che scricchiola e che si ostina a coprire il rumore della trama in rovina con i fiati illusori di volgari ascese.

Non insegnateci più il compromesso, perché non è a questa scuola che consegneremo le nostre parole e la nostra dedizione. Rischieremo? Accetteremo le galere, reali e metaforiche? Andremo in esilio? Ci ricorda ogni giorno Saviano, attraverso la sua vita, che chi è responsabile di persona testimonia un amore per le leggi e per la società più forte degli altri.

Flavia Gallo, 27 anni

martedì 23 marzo 2010

La crisi della sinistra

La crisi della sinistra
Roberto Savio*
Roma

La vittoria della destra in Cile mi ha suscitato alcune riflessioni sulla crisi della sinistra. Nel 1992, la sinistra era alla guida di quindici paesi dell'Unione europea, mentre oggi governa solo in cinque; tra questi, il Portogallo e la Spagna sono in gravi difficoltà economiche e sociali, e la Grecia è sull'orlo del collasso.

È difficile capire una crisi che viene da lontano, per chi ha meno di cinquant'anni. Non sembra esserci una soluzione a breve termine.

Bisogna ricordare che dalla fine della Seconda guerra mondiale e con la creazione delle Nazioni Unite, è cominciato uno straordinario processo di modernità politica basato su principi costituzionali: la giustizia sociale e la partecipazione democratica. L'espansione economica è stata accompagnata da un grande processo di riforme (come quella agraria), sui diritti dei lavoratori, tutela della salute e dell'occupazione.

Sulla scena internazionale, un passo importante è stato l'adozione da parte dell'assemblea generale, negli anni '70, di una dichiarazione sul Nuovo Ordine Economico Mondiale, in cui si parlava di "giustizia sociale mondiale" e si riconosceva ai Paesi del Terzo mondo il diritto di aumentare la loro partecipazione nell'economia globale, riducendo i privilegi dei paesi industrializzati.

Nei documenti dell'epoca, i valori dello sviluppo umano su un piano globale erano alla base del dibattito politico. Si aprì quindi un vertice tra 22 capi di stato, il dialogo Nord-Sud, con un primo incontro a Parigi e un secondo a Cancún (1980). Intanto, l'Unesco approvava la creazione di un Nuovo Ordine Informativo Mondiale, per riequilibrare i flussi di informazione monopolizzati da alcuni paesi del Nord.

Alla riunione di Cancún partecipò il neopresidente Ronald Reagan, poco interessato alla giustizia internazionale ma molto attratto dal commercio; qui fu coniato il famoso slogan "Commercio, non aiuti" (Trade not aid). Dopo qualche anno nacque l'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), al di fuori delle Nazioni Unite, e contro l'Onu fu dichiarata una guerra di delegittimazione come fonte delle decisioni a livello mondiale.

Il Nuovo Ordine Informativo e il Nuovo Ordine Economico furono liquidati; gli Stati Uniti uscirono dall'Unesco (insieme a Inghilterra e Singapore) e si lanciarono nel nuovo ordine monetario ed economico del Consenso di Washington, che impose il pensiero unico neoliberista come fondamento delle relazioni internazionali. Non dimentichiamo la deliberata distruzione del potere sindacale.

Reagan e Margaret Tathcher nel Regno Unito cambiarono il corso della storia. Nello stesso decennio, nel 1989, crolla il Muro di Berlino, e la sua caduta apre il cammino ad una interpretazione senza tentennamenti: i vincitori non avevano sconfitto un nemico, l'Unione Sovietica, ma tutto ciò che andava contro il capitalismo. Il neoliberista Yoshihiro Francis Fukuyama, guru del pensiero neoconservatore, soprattutto in politica estera, disse che quella era la fine della storia, poiché da allora sarebbe esistito solo il capitalismo, in continua crescita e senza controlli nefasti.

Per dare un'idea del clima dell'epoca, in una conferenza a Milano nel 1994, il direttore della OMC Renato Ruggero affermava che le fortezze d'Europa, Asia e Stati Uniti si sarebbero presto integrate in un unico blocco economico, che il mondo non avrebbe visto più guerre, ci sarebbe stata una sola moneta, e che l'enorme ricchezza creata dalla globalizzazione si sarebbe estesa al mondo intero, facendo ciò che la teoria dello sviluppo non avrebbe mai potuto fare.

Il comunismo era morto, adesso si decretava la fine delle ideologie. Il pensiero unico spazzò via ogni opinione diversa nel mondo. Il mercato era il miglior meccanismo regolatore dell'economia, della società e della cultura. E si arrivò perfino a dire dell'istruzione.

Di fronte a questa grande bugia, la sinistra cercò di essere meno stridente e antistorica possibile, mimetizzandosi negli stili e negli immaginari collettivi del momento. In linea generale, si divise in due gruppi: le vedove e le vergini.

Le vedove si collocarono ai margini della politica, eccetto nei paesi ex socialisti. Le vergini cominciarono ad intonare la fine delle ideologie, verso il pragmatismo: "Bisogna essere pragmatici" era il motto degli anni '90. Dal linguaggio politico uscirono molte parole (codici di comunicazione) che non facilitavano le vergini: giustizia sociale, solidarietà, trasparenza, partecipazione, ridistribuzione, tassazione progressiva, e così via.

Il pragmatismo ha un problema evidente: senza un quadro concettuale nel quale operare, si trasforma in un meccanismo per cui si fa solo ciò che è possibile, e dunque ciò che è utile. E allora non è più pragmatismo ma utilitarismo. La politica si concentra sui problemi amministrativi, senza una visione d'insieme della società e senza una scala di valori. È una sinistra senza identità, che vive in continua polemica sulla destra su questioni personali e amministrative.

Parallelamente a questa svolta sul terreno politico, un'altra ancor più determinante si è imposta nel mondo economico. Con l'abolizione di ogni controllo sulle banche, decretato da Clinton nel 1989, e con l'ebbrezza neoliberista dell'amministrazione Bush, che ha inventato strumenti finanziari ad alto rischio senza precedenti, l'economia reale di beni e servizi ha perso ogni vigore di fronte alla finanza, che ha visto invece una crescita moltiplicata per venti rispetto all'economia reale.

La relazione tra politica e economia è cambiata drasticamente. La realtà delle fabbriche, della produzione, non è più il principale punto di riferimento. E di fronte a una finanza totalmente globalizzata e priva di meccanismi di controllo, il mondo dello spazio nazionale, le sue leggi e le sue istituzioni, hanno cominciato a perdere sempre più rilievo e consistenza. Si è ridotto il peso della politica, e il trionfo dei valori della globalizzazione è diventato il centro del dibattito politico.

In questo dibattito, i vecchi termini vengono catturati per una nuova guerra fredda: Barack Obama, per i repubblicani, è un socialista. Per Berlusconi, tutti quelli dell'opposizione sono comunisti.

E la sinistra? La sinistra si ritrova senza vocabolario, senza codici di comunicazione con i quali identificarsi con la gente. Non può parlare di giustizia sociale, di solidarietà, di giustizia o di ridistribuzione senza essere accusata di nostalgia comunista.

In Italia si è registrato lo straordinario fenomeno per cui il Ministero del Lavoro ha cambiato il proprio nome in Ministero del Welfare, ossia del benessere, senza che la sinistra dicesse assolutamente nulla, per non apparire troppo di sinistra.

La lista delle concessioni fatte in ogni paese europeo riempirebbe un libro intero. Di fronte all'eccezionale fenomeno di un giovane di colore eletto presidente degli Stati Uniti con voto popolare di massa, vediamo che è la vecchia squadra economica, responsabile della crisi, a salire al potere insieme a lui. Questo fatto impedisce ogni possibilità di riforma di un sistema finanziario ridotto al collasso e sostenuto dai cittadini americani, che ha già provocato cento milioni di nuovi poveri, e che probabilmente tornerà a crollare ancora più a picco entro breve tempo, se non ci sarà nessuna riforma.

Il Nobel dell'economia Joseph Stiglitz afferma che i vincitori del muro di Berlino sono i perdenti di oggi, con il crollo dell'altro muro, quello di Wall Street (Wall significa muro). Ma come fa un giovane che non ha vissuto tutto il processo, a capire il paradosso di Stiglitz, e a credere che una sinistra senza identità sia il cammino verso una società diversa da quella che esiste oggi?
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