documenti

* APPELLO
dopo l'incontro di Roma del 6 e 7 marzo 2010


* Sintesi delle proposte emerse

Per problemi organizzativi Responsabilità Civile non sarà a Firenze a Terra Futura.
Presto il prossimo appuntamento.


mercoledì 24 marzo 2010

DE TE FABULA NARRATUR

Responsabilità Civile. Due parole che evocano lo scenario irrinunciabile del nostro comune agire in un mondo dove ogni comunità vive nell'orizzonte di tutti [...]

L'inequivocabile centro dell'attuale crisi, cementatasi durante decenni di deregolamentazioni, di fatti maturati nell’ombra che hanno permesso a mani non sorvegliate da nessun controllo di tessere la tela della vita collettiva (Gramsci/Capitini) si può riconoscere nell’asservimento della politica all’economia, nell’economia nonostante gli uomini che non mette mai in conto sofferenze, torture, mutilazioni, malattie, esclusioni e condanne, esecuzioni, massacri, svuotamenti di corpi, impoverimenti.

E’ lecito chiedere alla generazione che ha assistito a questo lento declino in quale punto della nostra storia, italiana, europea, mondiale, la loro responsabilità civile ha abdicato? Se per via di un adeguamento quotidiano, impercettibile o se abbiamo collettivamente smesso di pensare che obbedire non è l'unico modo d'amar la legge ma che le leggi degli uomini si tengono veramente in onore osservandole solo quando sono giuste (Don Lorenzo Milani). E sono giuste quando sono la forza del debole. E’ questo, forse, il grande oblio della sinistra?

Responsabilità civile. Il bene pubblico e la politica prima dell’interesse privato. Bisogna domandar conto ad ognuno, scriveva Gramsci nel 1916, del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non fa fatto. La Storia non è un enorme fenomeno naturale ed il primo dovere è tentarne un racconto, lasciarne un testimone chiaro perché è a partire dall’intelligibilità che ci si può organizzare in modo coerente e creativo, che si può fare dell'esperienza di incontro un seminario autentico, che si può tentare di muovere dal di dentro noi stessi, innanzitutto, e delineare prospettive e pianificazioni, ricerche, indicazioni, azioni.

Raccontateci questa storia perché è di noi che parla: la storia di un'Italia che mille volte si è uccisa e mille volte si è perdonata davanti a tribunali della verità in cui era giudice di se stessa e accusato impenitente, dove la vittima pretesa era stata il ladro di un tempo lontano. Restituiteci la memoria degli anni in cui noi eravamo bambine e bambini perché adesso vi stiamo chiamando da uomini e donne vostri pari per assumere scelte, per avere assieme il coraggio di conquistare nuovi rapporti umani e maturare la nostra identità, di cercare instancabilmente gli altri e creare modi di informazione di controllo di intervento, per trasformare gli strumenti di coercizione in strumenti di educazione (Capitini). Per far sì che il futuro sia la nostra paziente ed intelligente opera.

Questa società civile che invisibilmente agisce da sempre come immensa forza di resistenza smentisce il potere proprio quando più minaccioso ci osserva avvizzito e furioso dal suo scranno. E’ questo la vera vecchiezza d’Italia, gli anni che ci separano sono invece la nostra comune forza contro la dimenticanza, primo male d’Italia. Bisogna muoversi insieme, sempre ricordando e approfondendo, tra le fratture di un potere che scricchiola e che si ostina a coprire il rumore della trama in rovina con i fiati illusori di volgari ascese.

Non insegnateci più il compromesso, perché non è a questa scuola che consegneremo le nostre parole e la nostra dedizione. Rischieremo? Accetteremo le galere, reali e metaforiche? Andremo in esilio? Ci ricorda ogni giorno Saviano, attraverso la sua vita, che chi è responsabile di persona testimonia un amore per le leggi e per la società più forte degli altri.

Flavia Gallo, 27 anni

martedì 23 marzo 2010

La crisi della sinistra

La crisi della sinistra
Roberto Savio*
Roma

La vittoria della destra in Cile mi ha suscitato alcune riflessioni sulla crisi della sinistra. Nel 1992, la sinistra era alla guida di quindici paesi dell'Unione europea, mentre oggi governa solo in cinque; tra questi, il Portogallo e la Spagna sono in gravi difficoltà economiche e sociali, e la Grecia è sull'orlo del collasso.

È difficile capire una crisi che viene da lontano, per chi ha meno di cinquant'anni. Non sembra esserci una soluzione a breve termine.

Bisogna ricordare che dalla fine della Seconda guerra mondiale e con la creazione delle Nazioni Unite, è cominciato uno straordinario processo di modernità politica basato su principi costituzionali: la giustizia sociale e la partecipazione democratica. L'espansione economica è stata accompagnata da un grande processo di riforme (come quella agraria), sui diritti dei lavoratori, tutela della salute e dell'occupazione.

Sulla scena internazionale, un passo importante è stato l'adozione da parte dell'assemblea generale, negli anni '70, di una dichiarazione sul Nuovo Ordine Economico Mondiale, in cui si parlava di "giustizia sociale mondiale" e si riconosceva ai Paesi del Terzo mondo il diritto di aumentare la loro partecipazione nell'economia globale, riducendo i privilegi dei paesi industrializzati.

Nei documenti dell'epoca, i valori dello sviluppo umano su un piano globale erano alla base del dibattito politico. Si aprì quindi un vertice tra 22 capi di stato, il dialogo Nord-Sud, con un primo incontro a Parigi e un secondo a Cancún (1980). Intanto, l'Unesco approvava la creazione di un Nuovo Ordine Informativo Mondiale, per riequilibrare i flussi di informazione monopolizzati da alcuni paesi del Nord.

Alla riunione di Cancún partecipò il neopresidente Ronald Reagan, poco interessato alla giustizia internazionale ma molto attratto dal commercio; qui fu coniato il famoso slogan "Commercio, non aiuti" (Trade not aid). Dopo qualche anno nacque l'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), al di fuori delle Nazioni Unite, e contro l'Onu fu dichiarata una guerra di delegittimazione come fonte delle decisioni a livello mondiale.

Il Nuovo Ordine Informativo e il Nuovo Ordine Economico furono liquidati; gli Stati Uniti uscirono dall'Unesco (insieme a Inghilterra e Singapore) e si lanciarono nel nuovo ordine monetario ed economico del Consenso di Washington, che impose il pensiero unico neoliberista come fondamento delle relazioni internazionali. Non dimentichiamo la deliberata distruzione del potere sindacale.

Reagan e Margaret Tathcher nel Regno Unito cambiarono il corso della storia. Nello stesso decennio, nel 1989, crolla il Muro di Berlino, e la sua caduta apre il cammino ad una interpretazione senza tentennamenti: i vincitori non avevano sconfitto un nemico, l'Unione Sovietica, ma tutto ciò che andava contro il capitalismo. Il neoliberista Yoshihiro Francis Fukuyama, guru del pensiero neoconservatore, soprattutto in politica estera, disse che quella era la fine della storia, poiché da allora sarebbe esistito solo il capitalismo, in continua crescita e senza controlli nefasti.

Per dare un'idea del clima dell'epoca, in una conferenza a Milano nel 1994, il direttore della OMC Renato Ruggero affermava che le fortezze d'Europa, Asia e Stati Uniti si sarebbero presto integrate in un unico blocco economico, che il mondo non avrebbe visto più guerre, ci sarebbe stata una sola moneta, e che l'enorme ricchezza creata dalla globalizzazione si sarebbe estesa al mondo intero, facendo ciò che la teoria dello sviluppo non avrebbe mai potuto fare.

Il comunismo era morto, adesso si decretava la fine delle ideologie. Il pensiero unico spazzò via ogni opinione diversa nel mondo. Il mercato era il miglior meccanismo regolatore dell'economia, della società e della cultura. E si arrivò perfino a dire dell'istruzione.

Di fronte a questa grande bugia, la sinistra cercò di essere meno stridente e antistorica possibile, mimetizzandosi negli stili e negli immaginari collettivi del momento. In linea generale, si divise in due gruppi: le vedove e le vergini.

Le vedove si collocarono ai margini della politica, eccetto nei paesi ex socialisti. Le vergini cominciarono ad intonare la fine delle ideologie, verso il pragmatismo: "Bisogna essere pragmatici" era il motto degli anni '90. Dal linguaggio politico uscirono molte parole (codici di comunicazione) che non facilitavano le vergini: giustizia sociale, solidarietà, trasparenza, partecipazione, ridistribuzione, tassazione progressiva, e così via.

Il pragmatismo ha un problema evidente: senza un quadro concettuale nel quale operare, si trasforma in un meccanismo per cui si fa solo ciò che è possibile, e dunque ciò che è utile. E allora non è più pragmatismo ma utilitarismo. La politica si concentra sui problemi amministrativi, senza una visione d'insieme della società e senza una scala di valori. È una sinistra senza identità, che vive in continua polemica sulla destra su questioni personali e amministrative.

Parallelamente a questa svolta sul terreno politico, un'altra ancor più determinante si è imposta nel mondo economico. Con l'abolizione di ogni controllo sulle banche, decretato da Clinton nel 1989, e con l'ebbrezza neoliberista dell'amministrazione Bush, che ha inventato strumenti finanziari ad alto rischio senza precedenti, l'economia reale di beni e servizi ha perso ogni vigore di fronte alla finanza, che ha visto invece una crescita moltiplicata per venti rispetto all'economia reale.

La relazione tra politica e economia è cambiata drasticamente. La realtà delle fabbriche, della produzione, non è più il principale punto di riferimento. E di fronte a una finanza totalmente globalizzata e priva di meccanismi di controllo, il mondo dello spazio nazionale, le sue leggi e le sue istituzioni, hanno cominciato a perdere sempre più rilievo e consistenza. Si è ridotto il peso della politica, e il trionfo dei valori della globalizzazione è diventato il centro del dibattito politico.

In questo dibattito, i vecchi termini vengono catturati per una nuova guerra fredda: Barack Obama, per i repubblicani, è un socialista. Per Berlusconi, tutti quelli dell'opposizione sono comunisti.

E la sinistra? La sinistra si ritrova senza vocabolario, senza codici di comunicazione con i quali identificarsi con la gente. Non può parlare di giustizia sociale, di solidarietà, di giustizia o di ridistribuzione senza essere accusata di nostalgia comunista.

In Italia si è registrato lo straordinario fenomeno per cui il Ministero del Lavoro ha cambiato il proprio nome in Ministero del Welfare, ossia del benessere, senza che la sinistra dicesse assolutamente nulla, per non apparire troppo di sinistra.

La lista delle concessioni fatte in ogni paese europeo riempirebbe un libro intero. Di fronte all'eccezionale fenomeno di un giovane di colore eletto presidente degli Stati Uniti con voto popolare di massa, vediamo che è la vecchia squadra economica, responsabile della crisi, a salire al potere insieme a lui. Questo fatto impedisce ogni possibilità di riforma di un sistema finanziario ridotto al collasso e sostenuto dai cittadini americani, che ha già provocato cento milioni di nuovi poveri, e che probabilmente tornerà a crollare ancora più a picco entro breve tempo, se non ci sarà nessuna riforma.

Il Nobel dell'economia Joseph Stiglitz afferma che i vincitori del muro di Berlino sono i perdenti di oggi, con il crollo dell'altro muro, quello di Wall Street (Wall significa muro). Ma come fa un giovane che non ha vissuto tutto il processo, a capire il paradosso di Stiglitz, e a credere che una sinistra senza identità sia il cammino verso una società diversa da quella che esiste oggi?
© IPS

lunedì 22 marzo 2010

Riflessione del giorno dopo # 8

Caro coordinamento,

Come riflessione del giorno dopo, penso che sia sempre più ineludibile per noi, viste le ultime vicende elettorali e dichiarazioni del premier, di cominciare a pensare di darci un assetto organizzativo (che coerentemente con il nostro pensiero e la nostra sopravvivenza, deve rispettare i principi di democrazia interna senza indulgere in protagonismi e divisioni che sono sempre stati il tallone d'Achille dei partiti, in particolare dei partiti di sinistra) e che si cominci a ragionare come incidere concretamente sul territorio e fra la gente.

Per quanto riguarda la questione del nome, ho fatto una semplice prova cercando di trovare qualche traccia su internet di questa esperienza ma, digitando su Google, Responsabilità Civile, si raggiungono esclusivamente compagnie assicurative o bonus auto.

Temo che questa questione, nel momento in cui ci apriremo sempre più agli altri e presumibilmente dovremo sviluppare un piano di comunicazione, prima o poi ce la dovremmo porre.

Quello che mi resta del nostro incontro è la grande ricchezza e molteplicità e diversità di pensiero e di esperienze. Davvero spero che questa "sinfonia" rimanga il più possibile inalterata.

Grazie e, spero, a presto.

Antonella Giacobbe

martedì 16 marzo 2010

Riflessioni del giorno dopo #7

Caro Flavio, cari amici del Comitato Coordinatore di Responsabilità Civile,


vi chiamo amici pur conoscendovi solo da una settimana. perché lo spirito che ho respirato nel convegno del 6 e 7 marzo era quello di veri amici,

uniti da comuni valori e da comuni ideali.

Purtroppo un'influenza mi ha fatto dimenticare la scadenza del 12 marzo, per cui firmo solo oggi, ma con entusiasmo, l'Appello da voi formulato,

che sento profondamente anche mio.

A causa di questo involontario ritardo anche il pensiero che vi invio non è più del giorno dopo...ma forse è più meditato.


Come ho detto all'inizio, lo spirito che ho respirato nel convegno del 6 e 7 marzo era quello di veri amici, uniti da comuni valori e da comuni ideali.

Sebbene le persone iscritte a parlare fossero numerose ed i temi tutti importanti, ho notato un profondo rispetto degli altri, una capacità di ascolto e di limitazione della durata dei propri interventi che raramente si riscontra in convegni e dibattiti in maniera così diffusa; anche la capacità di attenzione, nonostante la "maratona" senza pause, è stata prova di una forte motivazione da parte di tutti. E questo è di per sé un bell'esempio di democrazia e di rispetto dei diritti altrui.

Per quanto mi riguarda, ho intenzione di diffondere l'appello tra amici, conoscenti e...sconosciuti (in questo periodo pre-elettorale ci sono diverse occasioni di conoscere persone con gli stessi valori e principi) perché credo nell'efficacia di un'azione diffusa di sensibilizzazione; le persone sono alla ricerca di messaggi positivi e concreti e di "fari" cui ispirarsi in un mondoconfuso, e un grande mosaico è sempre formato di tante piccole, ma luccicanti, tesserine.


In qualità di formatore degli adulti percepisco, nei corsi e seminari che conduco, destinati ai giovani nei master post laurea e ai meno giovani nelle aziende, un'incertezza diffusa, un senso di disagio, che deriva dalla complessità e dalla turbolenza del mondo in cui viviamo: al di là dei contenuti specifici dei miei corsi percepisco la richiesta - implicita o esplicita - di una ricerca di senso, di una "bussola" per navigare, di un'indicazione per trovare in sé stessi ciò che la società non offre al di fuori. E' un tema che percepisco così fortemente da aver scritto degli articoli sulla rivista online dell'AIF (Associazione Italiana Formatori) AIF learning News ed aver organizzato, ad ottobre di quest'anno, nell'ambito della Associazione Italiana Formatori del Lazio, un convegno dal titolo "Mestiere, Arte o Missione? Responsbilità sociale ed etica del formatore". (per chi fosse interessato: www.aifonline.it - AIF Learning News numeri di marzo, agosto e novembre 2009)


E, anche in qualità di formatore se può servire, confermo la mia disponibilità - nei limiti del possibile - a contribuire a questo vostro impegno.


Con viva cordialità, amicizia e gratitudine


Fernando Dell'Agli

Riflessioni del giorno dopo #6

Cari tutti

Rispondo con questa lettera sulla richiesta di firmare il documento, che per il momento non firmerò. Non perché non potrei sottoscrivere, potrei perché di base sono d’accordo, ma perché sono in dubbio su che gruppo siamo, chi vogliamo essere. Non ho l’idea di avere realmente conosciuto le persone in questi due weekend (c’erano anche molte persone nuove questa volta) e non ho l’idea di sapere cosa significa per tanti che sottoscrivano questo documento in concreto. E come ho detto domenica mattina, credo che si rischia la superficialità, se non si approfondisce quello che c’è scritto nel documento. Che impegni prenderemo? Che impegno prendo io sottoscrivendo? Non sono una politicante. Sono una persona che agisce con il corpo, con il tutto il mio essere, che cerca con il lavoro di teatro reportage di sensibilizzare, dalla persona che va al mercato, gli studenti delle scuole ed università, pubblico di teatro, ai politicanti, chi fa le leggi, parlamentari, italiani, europei… Dare voce a chi non ce l’ha, rifugiato, donna del medi oriente, chi vive la povertà, l’illegale e così via…

Vengo da una educazione e un studio molto particolare. In quei tempi la mia accademia era un collettivo. E abbiamo cercato di decidere, di portare avanti una accademia per insegnanti dramma (per i studenti uno studio di 4 a 6 anni dopo le superiori) in modo veramente democratico. Dividendo le responsabilità in gruppi di lavoro che andava da prendersi cura del palazzo, fare un programma per i turni del custode del giorno (sempre uno di noi, insegnante o studente), la rappresentanza su livello nazionale legato a incontri con governo, richiesta di riconoscimento dell’accademia, al creare il programma di studio, prendersi cura dell’amministrazione, trovare i soldi per esistere come accademia in quei tempi non riconosciuta (adesso si, e il mio diploma è diventato statale!). Per decidere i diversi gruppi di lavoro portavano le loro proposte in una plenaria settimanale e si votava tutto le proposte. Per le proposte importanti veniva votato il voto unitario, se accettato, una persona poteva fermare tutto. Non sempre per le decisioni di grande importanza sembrava democratico che la maggioranza decideva. Si rischiava in quei momenti che la minoranza non sentisse più che questa accademia era loro, rappresentava loro. Così è successo in una plenaria, dove si parlava di una tendenza anarchista (un gruppo dell’accademia in una ricerca e improvvisazione teatrale, si era improvvisata terrorista, era andata in città e aveva buttato le bombe di pittura contro le banche). In quel momento si è proposta la chiusura dell’accademia e si ha votato l’unanità. Una persona voleva chiudere l'accademia in tutti modi dicendo che in questa accademia si doveva prendere tutte le responsabilità, quella individuale, quella collettiva e quella della società (era un norma di base dell’accademia). Quella rispetto alla società in quella improvvisazione era sparita. Alla fine si era tutti d’accordo sulle responsabilità su tutti livelli e l’accademia andava avanti. Ma era un momento che abbiamo discusso fino tardi notte, senza sapere se il giorno dopo l’accademia ci sarebbe ancora stato. Naturalmente si parlava anche di cose molto più regolari nelle riunioni, che venivano preparato, moderato e tutto veniva scritto, ogni voto, ogni decisione nel libro plenaria (non c’erano ancora i computer).

Il fatto è che una volta alla settimana si decideva su qualunque cosa con un voto e a volte era anche stancante, ma credo che a tutti noi di quel tempo ha insegnato di gestire una accademia, guidare delle riunione e a non solo fare artisti, teatranti ma saper anche organizzare, scrivere progetti e così via e che si è sentito che l’accademia era veramente nostra.

Chiaro era che chi aveva iniziata questa esperienza, chi aveva anni di esperienza di lavoro, portava le sue esperienze, la sua visione, ma qualunque cosa che andava deciso si votava, e non era automatico che si seguiva solo queste persone.

Nella situazione della responsabilità civile non dico che dovrà andare tutto in quel modo, che dovremo essere un collettivo ma vorrei sentire che realmente tutti sentono che quel documento è NOSTRO. Per questo secondo me si deve approfondire, avere i momenti che si possa discutere in piccoli gruppi su argomenti diversi, o sul documento e portare conclusioni. Mi manca, anche se ci sono stati tante testimonianze, la partecipazione, le decisioni dove si sente che includono le cose che le persone dicono.

E per me, per Annet, realmente se vogliamo fare una nuova politica, dobbiamo iniziare con un cambiamento dentro di noi. Perché siamo corresponsabili che adesso c’è la politica che c’é. Mi chiedo veramente, e credo che sarebbe la domanda iniziale, cosa abbiamo sbagliato NOI, che cosa ho sbagliato io, che sia andato come è andato. Perché se non vediamo gli errori dentro di noi, come ci possiamo aspettare che qualcosa cambia. In questo gruppo sento accanto alla buona volontà, le abitudini di una politica che non ha funzionato. E sento che è quasi impossibile mettersi in discussione, mettere il proprio agire e modo di fare in discussione. E’ molto più facile indicare i colpevoli fuori del gruppo, analizzare tutto tranne noi stessi. Infatti credo che si cerca di evitare eventuali conflitti e di coprire questo con un senso di insieme che non è (ancora) completamente realizzato.

Quello che mi ha scioccato è stato la fine della mattinata di domenica. Non mi aspetto una tale reazione su un dubbio di qualcuno, l’insicurezza sul nome. Una domanda e dubbio che era già venuto fuori altre volte, anche da altre persone e che è sempre stata lasciata in mezzo. Si poteva reagire in tanti modi, su questo dubbio, tipo ci penseremo la prossima volta di discuterne. Non capisco l’aggressione che c’è stato. Le insicurezze i dubbi delle persone vanno preso sul serio secondo me. Se no, sembra che si cerca di mettere davanti le proprie idee, trovando quelli degli altri disturbanti. Quando ho detto per favore troviamo un altro nome per buone pratiche, ho sentito che era disturbante e nessuno ha chiesto perché? Avevo delle ragioni, sono stata in diversi incontri in parlamento europeo sulle buone pratiche, e alla fine queste buone pratiche erano ragionamenti, non sempre onesti, mostrando una parziale verità, per avere soldi per progetti europei. Per questo non mi piace nominarle così. Poi si può decidere che non è importante, che si usa quella parola in accordo e le persone, incluso me ne saranno contente, perché sono state sentite e c'è stato un ragionament sopra. Ho sentito diverse persone che sono scontente di come si sono svolte le giornate. Spero che si prenderanno la responsabilità di dare la loro testimonianza su questo in modo che possa influenzare il lavoro positivamente.

Io ho voluto dare i miei pensieri rispetto a questo. Ne potremo discutere. Io sento che il mio lavoro di teatro reportage è la mia forza e non so quanto la politica lo è. Credo che serve anche nella politica di sentire le voci non sentite ed io tramite il lavoro, come attrice e regista che porta in scena, in piazza, in sala conferenze direttamente le voci non sentite. Per me devo decidere cosa fare. Non lo so ancora se vorrò venire la prossima volta. Credo che mi imporrò di venire per vedere se le reazioni che ci sono state, influenzano il modo nel quale si continua.

Io non sono politicante, ma mi sono incontrata con tante realtà politiche e credo cambiare la politica sia un lavoro enorme, giornaliera, faticante, rischioso. Sarei contenta che ci si riuscisse… Vedremo come va la prossima volta.

Il mio pensiero/desiderio di base del mio lavoro e anche per la politica sarebbe di agire pèr e non sempre reagire contro.

Un saluto dal cuore a tutti e mi scuso per la lunghezza gli errori di lingua. Non voglio chiedere nessuno di correggere. Parlo e scrivo l’Italiano, ma non sarà mai la mia lingua madre, per quanto mi piacerebbe essere perfetto, faccio degli errori.

Un abbraccio a tutti


Annet Henneman

sabato 13 marzo 2010

Compagni di strada

La consapevolezza del degrado politico, culturale, ambientale, sociale in cui ci stiamo trovando sta portando tanti amici ad organizzare situazioni, luoghi, dove si possa costruire un futuro possibile.

Tra questi:

Fabio Salviato, Presidente di Banca Popolare Etica, afferma “Non vi è dubbio che la Politica in genere stia attraversando, a tutti i livelli, un momento di ridefinizione e di ripensamento interno, non solo a causa dei grandi problemi odierni (crisi finanziaria, crisi ambientale, ecc.), ma anche dei problemi antropologici creati da un egoismo esasperato e da una evidente predominanza ed invadenza della attività economica sulla vera e propria attività politica. [...]” è tra i fondatori del Movimento Etico Solidale – MES - http://www.movetico.org/

Riccardo Petrella, Presidente Istituto Europeo sulle Politiche dell’acqua, intervenendo sul tema dell’ultimo numero della rivista “In Dialogo”, rivista della rete radié resch, “Urgono proposte operative”, propone alla società civile di organizzare un’Assemblea Costituente Cittadina Mondiale con l’obiettivo di affermare i beni comuni essenziali ed insostituibili alla vita e al vivere insieme: acqua, aria, sole, terra, conoscenza, … . Beni non contrattabili con il mercato causa il loro legame con la sacralità della vita e il diritto alla vita per tutti.
Ritengo debbano diventare compagni di strada.

Propongo di invitarli a Terra Futura per confrontarsi con noi e valutare insieme le collaborazioni possibili.

venerdì 12 marzo 2010

Riflessioni del giorno dopo #5

Carissimi,

vi ricordate di me, sono Concetta di Ancona.

Volevo ricordarvi quanto vi ho proposto negli incontri del 6 e 7 marzo e cioè il desiderio di comunicare il nostro progetto di responsabilità civile in webradio. La trasmissione che conduco radio africa (radioafrica.eu) si chiama parole di pace: prendersi cura del mondo, prendersi cura di sè e va in onda in diretta tutti i giovedì dalle 8.45 alle 19.45 e in replica il lunedì dalle 9 alle 10. mi piacerebbe fare un'intervista in diretta con Skipe se possibile o se c'è qualcuno che capita dalle parti di Ancona volentieri in studio.

Sono a disposizione per prendere in considerazione a tal proposito le vostre proposte.

Un abbraccio e buon lavoro a tutti voi e soprattutto buona serata

***

Carissimo, carissimi,

sottoscrivo l'appello ed aderisco al progetto senza indugi.

Vi allego anche le riflessioni fatte dopo la nostra due giorni a partire dalla condizione di donna:

Che donne siamo e che donne vorremmo essere? E’ la domanda che mi assilla stamattina ma è un pensiero che mi accompagna da ieri.

Sarà un caso che ieri, invece di trascorrere il fine settimana nella mia splendida campagna, o al mare oppure altrove a divertirmi e a rilassarmi, insieme ad un gruppetto di donne (poche) e uomini (chiaramente di più) siamo stati a riflettere su responsabilità sociale e polirtica e su crisi della politica e dei valori?

E’ la crisi degli adulti ha sintetizzato benissimo un amico riminese, è la crisi di adulti confusi e spaventati che non sanno più da che parte guardare e non sanno più a chi santo devono votarsi per riuscire a non disperare.

E’ la crisi di coloro che non possono proprio accettare di lasciarsi travolgere dalla volgarità, dallo squallore, dall’egoismo e dal razzismo xenofobico che dilagano oggi.

E’ la crisi di quelli che sanno, però, che potranno venirne fuori solo insieme, con determinazione, coraggio ed umiltà. E con quell’amore e quell’umanità che a volte sembra che solo le donne sappiano ancora ritrovare in sé e soprattutto esprimere.

Ma so di certo che non sarà così. Anche gli uomini che tanto amiamo sapranno ritrovare onore, coraggio e dignità che pochi ma purtroppo importanti esemplari sembra gli abbiano scippato ultimamente.

Forza donne, facciamoci sentire!

Forza uomini, noi ci siamo e non aspettiamo altro di ritrovarci insieme a lottare per il bene comune e per la comune dignità!

Non vogliamo solo mimose,

vogliamo uomini che sappiano amarci e comprenderci,

vogliamo figli che sappiano rispettare le donne come rispettano la madre e le sorelle,

vogliamo istituzioni che imparino a comprendere il linguaggio e i desideri delle donne e concedano gli spazi giusti perchè ci si possa esprimere,

vogliamo che la società impari ad usare logiche femminili di accoglienza e dignità,

vogliamo che politici e governanti ci portino più rispetto e non ci umilino quotidianamente con battute volgari ed allusive,

vogliamo, insomma, che gli uomini sappiano guardarci e vederci con gli occhi di chi ha superato divisioni di genere e pregiudizi,

con gli occhi di chi sa che non esistono differenze che non sono ricchezze,

con gli occhi di chi sa che la qualità di una persona non dipende dal sesso ma dalla capacità di ascoltare, accogliere ed amare coloro che incontra,

perché ognuno ha diritti e dignità che, se riconosciuti, restuiscono diritti e dignità ad egli stesso.


Concetta Contini

Riflessioni del giorno dopo #4

Sono una persona anziana (82!) ma non inattiva. Vengo da una lontanissima prima esperienza di impegno civile: ho partecipato nel 1943- 44-45 a Roma ad incontri clandestini di preparazione alle attività politiche future per la nascita di un partito di ispirazione cattolica, insieme a donne che dopo l'occupazione nazista diedero vita al Movimento femminile della D.C. Poi, dal 1 ottobre 1945, ho lavorato in maniera continuativa per organizzare la partecipazione attiva delle donne della D.C. alle attività politiche che nascevano in quei primi anni dopo la concessione del voto alle donne. ll nostro ufficio, due stanze, era a Piazza del Gesù. Questo lavoro che è durato per me nove anni (i più belli certamente della D.C.) ha segnato tutta la mia vita, perchè non era solo un lavoro ma un impegno fortemente sentito di "responsabilità civile" appunto, per il clima diffuso in tutti quelli che si occupavano di politica in tutti i Partiti, di partecipazione alla crescita del bene comune. Poi mi sono sposata, ho avuto quattro figli, e contemporaneamente ho insegnato nelle scuole elementari di Roma partecipando a un progetto sperimentale di insegnamento (linguistica strutturata, insiemistica, insegnamento basato esclusivamente sulla ricerca). Poi ho lavorato nel volontariato (Caritas). Da sei anni lavoro in una piccola Associazione (La Lucerna - Laboratorio interculturale ONLUS) che si occupa delle ragazze della tratta, di Rifugiati-e politici, di Corsi di Educazione alla pace nelle Scuole. La vostra iniziativa mi piace molto, condivido tutto quello che fate, sopratutto il vostro impegno a mettere insieme tante realtà, cosa assolutamente da fare in questi tempi oscuri che sembrano senza speranza. Ho partecipato solo sabato pomeriggio ai vostri lavori e ho molto apprezzato tutti gli interventi. Mi piacerebbe solo sapere se le numerosissime Associazioni di ispirazione cattolica che, in dissenso a volte con la Gerarchia, partecipano al movimento di rinnovamento delle attuali impostazioni civili e religiose sono presenti nelle vostre "file". Io sono iscritta da 20 anni all' "Associazione Ore 11 - spiritualità del quotidiano". Grazie a tutti voi. Non so in che modo potrò mai collaborare con voi, ma sono felice che ci siete!

Rachele Acquaviva Filippetto

Riflessioni del giorno dopo #3

La mia breve riflessione riguarda soprattutto gli aspetti pratici di questo percorso e in particolar modo l'esigenza di identificare prima o poi una strategia di comunicazione da sostenere nel momento in cui entreremo a pieno titolo nel contesto e nel confronto con la politica. Infatti, se vogliamo cambiarla, la politica la dobbiamo affrontare nel suo ring, abbandonare i vecchi strumenti del no profit, chiamato per anni a mettere cerotti, e inventare percorsi nuovi, programmatici, strutturali. Faccio un esempio: se la Lega ha avuto successo è per la sua presenza sul territorio, la sua concretezza sui temi. Penso che parlare solo di valori sia condizione fondamentale, ma non sufficiente per noi, che di valori ci nutriamo. Il "fare", slogan accaparrato dalla destra, deve essere riconquistato. La protesta non basta. Occorre andare a parlare con tutti e non sentirci "i giusti" di minoranza. Invito tutti ad iniziare a pensare a questa sfida. Una sfida di comunicazione che riguarderà la stessa nostra identità. Che comportarà uno sforzo mentale e qualche compromesso sugli strumenti per ottenere i nostri obiettivi. Che segna il passaggio dalla protesta civile alla politica... Ora è presto, ma il mio invito è a pensarci sin da ora.

Luca Cambi (autore di programmi e inchieste televisive)

Riflessioni del giorno dopo #2

Sono venuto da Padova con molta curiosità e speranza per l'iniziativa. L'esperienza dell'incontro è stata entusiasmante e l'ho seguita sia sabato che domenica anche se non sono intervenuto attivamente nel dibattito. Sono ripartito da Roma molto confortato dall'aver incontrato persone che da tutta Italia erano lì a rappresentare anche molti altri cittadini che sono stanchi di essere esclusi dalla politica, ovvero dalle scelte che incidono sulla vita nostra e dei nostri figli e che sono profondamente delusi dalla deriva che hanno preso gli attuali "partiti". Penso come tutti voi che valga la pena di dedicare del tempo a costruire con pazienza un'alternativa coinvolgendo quanti più soggetti possibile e cominciando dalle relazioni che noi tutti abbiamo localmente, ma senza perdere di vista le esperienze internazionali (vedi latinoamerica) che ci insegnano altri modi di "fare politica". Ho già cominciato la diffusione e firmo l'appello con la certezza che ce la faremo.

Gigi Bartolomei

Riflessioni del giorno dopo #1

La situazione politica del paese, che risulta sempre più disarmante, non esprime soltanto una crisi della politica, ma della dimensione antropo spirituale di gran parte della popolazione: in parte smarrita, in parte impotente, in parte abbandonata ad un delirio onirico che prefigura ricchezze improbabili, eternità indicibili e pertanto sussurrate nell'angoscia esistenziale, in parte frastornata ed impotente nel subire quotidianamente una precarietà che diventa statuto esistenziale che annichilisce speranza e coraggio. La questione culturale è stata calpestata come iattura salottiera che fastidiosamente potrebbe interferire con il buon governo della concretezza e con la buona amministrazione. il pensiero ucciso ha zittito la forza della sinistra, rendendola docile e rassegnata spettatrice del degrado, incapace di mostrare vie inedite e diverse in quanto possibilità reale. Il sogno e l'utopia abbandonati hanno aperto varchi e praterie ai giochi di prestigio della destra maestra dell'illusione vacua e della propaganda. Il rifugiarsi nella difesa delle istituzioni, non ne coglie la necessità ampiamente sentita di deistituziomalizzare, ripercorrendo la matrice più feconda dei movimenti degli anni '60 e '70, durante i quali le riforme avevano un'autentica base popolare che anelava con forza al diritto, alla giustizia, alla liberalità nei rapporti umani. I partiti abbandonino le istituzioni per tornare tra la gente, comprendendone i drammi, le speranze i bisogni di ridurre il peso della burocrazia e dell'egemonia istituzionale che tarpa le ali alla libera espressione dei cittadini responsabili. Enrico Berlinguer aveva profeticamente indicato i nodi da sciogliere ed è necessario ripercorrere quella riflessione. Una società libera ed adulta non ha bisogno di garanti e protettori, ma di poche e condivise regole che tutti possano rispettare senza un ginepraio di cavilli procedurali che di fatto annullano le potenzialità ed obbligano all'appiattimento clientelare. Responsabilità civile deve coincidere con la reale opportunità di esprimere i talenti, di ridurre le disuguaglianze di limitare le differenze tra garantiti e precari fino al punto da poter avere una condizione in cui il merito viene valorizzato e l'incapacità di chi non ce la fa viene compresa e stimolata a trovare la propria strada senza esclusioni sociale ed assistenzialismo compassionevole. Non è facile, ma è possibile a condizione che ci sia la disponibilità di riprendere con forza la questione culturale e la revisione delle regole della convivenza che devono essere condivise e semplici. Concretamente, riflettiamo che i grandi cambiamenti sono sempre arrivati da piccole esperienze significative che si sono trasformate in cultura

Franco Marcomini

giovedì 11 marzo 2010

Crisi della politica: Abbiamo bisogno di + responsabilità civile!

La crisi della politica italiana ci preoccupa e ci interpella.
Vogliamo fare i conti con le nostre responsabilità.
Vogliamo provare a farci carico di una proposta e di promuovere una nuova agenda della politica, nella quale il rispetto e la tutela dei diritti di ogni persona siano al primo posto.

Siamo persone con esperienze, età, storie e competenze diverse. Siamo allarmati per quello che sta succedendo in Italia e nel mondo, nella società e nelle istituzioni. Siamo preoccupati per la grave crisi della politica, della democrazia, delle istituzioni e dell’informazione. Molte delle persone e dei problemi di cui ci occupiamo ogni giorno cercando di promuovere il rispetto dei diritti umani non trovano né attenzione né rappresentanza politica.

Riconosciamo il ruolo che la Costituzione affida ai partiti. Ma siamo preoccupati per un modo di fare che spesso mortifica la democrazia ed è lontano dalla vita concreta delle persone e dei popoli, dalle loro difficoltà, dai loro bisogni e dai loro diritti fondamentali. I partiti sono in crisi: una crisi di rappresentanza, una crisi etica, di identità, di progetto, di visione. Non è un problema solo loro: è un problema anche nostro.

La politica è in crisi ma non possiamo continuare a sperare che siano altri a risolverla. C’è qualcosa di utile che – oggi – possiamo e dobbiamo fare anche noi, società civile responsabile. Non possiamo più limitarci a denunciare il problema. Dobbiamo impegnarci a costruire una politica nuova.

Per trasformare il sogno in realtà c’è però bisogno di più responsabilità civile. Per questo vogliamo promuovere un ampio confronto (nelle città e nei luoghi in cui operiamo come a livello nazionale) sul contributo che la società civile responsabile può dare alla costruzione di una buona politica. Vogliamo parlarne con i giovani che si vedono negare spazi e opportunità. Vogliamo parlarne in modo onesto, libero, aperto e costruttivo.

Vogliamo dare vita ad un “laboratorio per la buona politica” con cui:

  • promuovere una nuova agenda della politica. Far diventare priorità della politica proprio quei diritti che, con le responsabilità, sono sanciti nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e che la nostra Costituzione ha posto alla base del patto di cittadinanza della Repubblica (lavoro, uguaglianza, reddito, salute, inclusione sociale, istruzione, cultura, informazione, legalità, pari opportunità, pace, ambiente…);
  • raccogliere “buone idee” per un’Italia migliore, proposte concrete per contrastare la deriva dell’Italia e per costruire un paese migliore in un mondo migliore;
  • far emergere e valorizzare le migliori esperienze di “buona politica” e le tante competenze che alimentano il lavoro quotidiano della società civile responsabile e di tanti amministratori locali, di chi si occupa di persone anziane, bambini, giovani, persone con disabilità, lavoratori, immigrati, migranti, emarginati, minoranze, rifugiati, povertà, salute, guerre, educazione, informazione, pace, disarmo, acqua, disoccupazione, discriminazioni, ecologia, criminalità organizzata, legalità, giustizia, partecipazione, diritti umani, pari opportunità, nonviolenza, rispetto degli animali…;
  • allargare lo spazio di cittadinanza politica di chi fa una buona politica senza fare politica, di chi, a partire dai giovani, s’impegna nella costruzione di una società giusta, aperta, solidale, libera e democratica nella quale ogni essere umano fa parte di una comunità fraterna, che include, che accoglie, che soccorre e non che esclude, che respinge e abbandona. Perché una buona politica sa ascoltare, è sobria, onesta, competente, profonda, aperta ed capace di innovare la rappresentanza includendo chi, in particolare i giovani e le donne, s’impegna concretamente per il bene comune.

Questo è Responsabilità Civile. Se hai le nostre stesse preoccupazioni, possiamo provarci insieme. Inviaci la tua adesione, le tue riflessioni, le tue proposte. Dai la tua disponibilità a collaborare.

Per informazioni e adesioni scrivi a segreteria@responsabilitacivile.org

oppure chiama al 328.1509891

Il prossimo incontro nazionale di Responsabilità Civile si terrà a “Terra Futura” (Firenze, 28-30 maggio 2010).

lunedì 1 marzo 2010

LA FRONTIERA DEI COMPORTAMENTI

La crisi della politica come strumento di soluzione dei problemi posti dalla società a partire da chi vive le difficoltà più alte è sotto gli occhi di tutti. L’incapacità di questa classe dirigente, non solo partitica ma anche economica, sindacale e spesso anche sociale di interpretare i cambiamenti e le necessità di ogni singolo individuo e di provare collettivamente a dare risposte responsabili ma concrete e volte alla coesione sociale sono elementi fondamentali da analizzare e affrontare.

In questa situazione l’impegno civile e la responsabilità di ognuno di noi diventa fondamentale e non possiamo continuare a fare del nostro meglio, ognuno nel nostro campo d’intervento, senza che ciò abbia il giusto peso negli atti che rendono poi un luogo di lavoro, un quartiere, una città, un paese, migliore e più capace di usare tutte le sue energie migliori per costruire assieme percorsi virtuosi e risposte efficaci, condivise, coinvolgenti e volute. Allora che si fa e come?

La crisi della politica è la conseguenza del decadimento e dell’imputridire dei comportamenti individuali dei politici ma anche dei cittadini. La mancanza di vergogna quando si portano alla luce comportamenti sbagliati. Il machiavellismo imperante per cui ogni cosa diventa giustificabile dal fine del potente di turno con i cittadini chiamati solo a far i tifosi.

La mancanza d’indignazione quando emergono azioni lesive della dignità di altri esseri umani o volti contro la collettività. La ricerca, ognuno nel suo piccolo, di scappatoie di micro illegalità.

La presenza di comportamenti autoritari e verticistici per eludere comportamenti democratici certamente più faticosi. Gruppi dirigenti che in nome della democrazia “leaderistica” che oramai ha fatto breccia in tutte le strutture sociali del nostro paese premiano servi sciocchi e mortificano il merito e la competenza perché più scomoda.

Sono necessarie idee forti sui comportamenti corretti che gli uomini e le donne presenti nei partiti, nei sindacati e in tutte le organizzazioni sociali e di rappresentanza devono tenere. Servono, ad esempio, proposte convincenti su come applicare finalmente l’Art 39 della Costituzione sui comportamenti e le modalità del fare politica.

La conseguenza di ciò è ritornare ad avere comportamenti censurabili collettivamente per i quali ci si debba vergognare e scandalizzare e comportamenti virtuosi premiati e sostenuti dalla collettività e dalla società civile responsabile.

Grazie all’emergenza in cui versa l’informazione del nostro paese e all’emergenza democratica in cui versano le istituzioni oramai anche i fatti e i comportamenti più gravi vengono rappresentati come normali negando ogni evidenza e di quelli virtuosi da cui trarre esempi alternativi e positivi non ci parla quasi nessuno.

Responsabilità Civile vuole “valorizzare gli elementi della buona politica …”.e “allargare lo spazio di cittadinanza politica di chi fa una buona politica senza fare politica …”.

Condividendo un concetto così ampio dell’impegno politico è, a mio avviso, indispensabile che chi si propone di cambiare i comportamenti della politica e dei partiti abbia le idee chiare sui comportamenti da tenere, sulle modalità di reale condivisione democratica, di responsabilità individuale e collettiva, sull’essenzialità del buon esempio, sul primato delle competenze e della meritocrazia quando si entra nel merito di temi specifici e complessi.

Vittorio Foà, nei mesi precedenti la sua scomparsa, ci ha esortato ripetutamente a tener fede a all’onere dell’esempio e della coerenza che una classe politica e chiunque abbia delle responsabilità verso la collettività è indispensabile che abbia e che manifesti pubblicamente.

Sull’incoerenza e sugli esempi negativi, oltre che sull’individualismo e sulla voglia di prevalere di alcuni, si sono infranti numerosi tentativi di far emergere una classe politica che si accreditava come nuova, a volte come l’anti politica e poi, nel concreto, adottava gli stessi comportamenti distorti e sbagliati di chi stava contestando.

E’ possibile utilizzare la rete di esperienze virtuose, che a volte sono speciali nella loro normalità ed altre volte sfiorano l’eroismo, diventando dei moltiplicatori di buone pratiche per far vedere un’alternativa reale ed efficace: nel gestire le politiche migratorie come nel tutelare i lavoratori precari; nel garantire una sanità buona e gratuita o come gestire pluralmente o correttamente i mezzi d’informazione; su come gestire onestamente e fruttuosamente le imprese o come sostenere e valorizzare la cultura …

Queste esperienze sono migliaia come migliaia sono le donne e gli uomini che contribuiscono, con il loro esempio, a realizzarle dimostrando ogni giorno che una politica diversa è possibile.

Io credo che abbiamo l’opportunità di mettere in rete queste esperienze e di utilizzarle come moltiplicatore informativo diffuso capillare. Possiamo dimostrare come si possono affrontare in modo positivo, concreto ed efficace anche i problemi che, in alcuni contesti, appaiono difficilissimi da superare.

Possiamo agire da moltiplicatore di pensieri e proposte con un confronto aperto e dove le competenze siano valorizzate. Possiamo metterci in rete promuovendo un nuovo codice dei comportamenti della politica e dei cittadini moltiplicando le energie e le idee, attorno ad un’idea di politica diversa che chiama in causa le responsabilità di ognuno da quelle individuali a quelle collettive.
Un'energia pulita che scaturisce da una rete di cittadini che discutono, si sostengono, si informano, e, facendosi moltiplicatori e portatori di idee e di energie umane le indirizzano verso le organizzazioni di rappresentanza istituzionale, politica e sociale affinché adottino dei modi d’agire virtuosi pari a quelli che siamo disposti ad usare noi dando il buon esempio.

Possiamo diventare un moltiplicatore di quel protagonismo individuale di cui si sente tanto il bisogno e di cui sono presenti segnali visibili sia nella politica che tra i movimenti spontanei di cittadini. Si sente il bisogno di un luogo dove il protagonismo individuale di ogni individuo non sia mortificato o sottoposto a ricatti e filtri, ma diventi un luogo in cui ognuno possa trovare spontaneo e gratificante contribuire a fare una “buona politica”

Davide Imola